41-bis, Delmastro: «Anarchici e mafiosi vorrebbero farlo saltare. Non lo consentiremo»

30 Gen 2023 9:09 - di Francesca De Ambra
Delmastro

«Non si può escludere il tentativo di saldare altri ambienti di devianza criminale, come la mafia, di fronte a una battaglia di comune interesse». Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (FdI), intervistato dal Messaggero, si riferisce al 41-bis. E fa notare che l’anarchico Alfredo Cospito, recluso a Bancali, nel Sassarese, ne chiede l’abolizione «in generale e non solo per sé». Da qui, appunto, il sospetto che ambienti terroristici e mafiosi possano aver deciso di fare fronte comune contro il regime che impone il carcere duro ad alcune categorie di condannati.

Il sottosegretario Delmastro intervistato dal Messaggero

Strategia che potrebbe anche risultare vincente, a giudicare dalle voci che (soprattutto a sinistra) si stanno levando in favore di Cospito, in sciopero della fame contro il 41-bis dal 20 ottobre scorso. «Curioso – obietta Delmastro – che molti di questi appellanti siano i primi a schierarsi a favore dell’autonomia della magistratura e oggi si esprimano contro lo Stato di diritto. Violato da chi mette bombe e gambizza persone». Purtroppo per loro, il principio della certezza della pena non è negoziabile. E il sottosegretario lo dice a chiare lettere. Neppure se di mezzo c’è uno sciopero della fame. «Tanto più – sottolinea – se nel recente passato la magistratura ha dimostrato che Cospito inviava messaggi dal carcere per sollecitare azioni di violenza».

«Il governo non arretra di fronte ai violenti»

È il motivo per cui la misura del 41-bis si applica tanto a lui quanto a Matteo Messina Denaro. Sul punto il governo non arretra di un millimetro. «Fermezza, nessun passo indietro sulla normativa speciale anti-terrorismo», assicura Delmastro. Così come del resto sull’ergastolo ostativo, grazie al quale il governo Meloni ha scongiurato l’uscita dal carcere duro di boss e capi dei capi. «Resta  una normativa di grande efficacia contro il fenomeno terroristico e mafioso, come intuì trent’anni fa Giovanni Falcone», puntualizza il sottosegretario. Che dedica il passaggio finale dell’intervista al tema delle intercettazioni. E per ribadirne l’indispensabilità. «Nessuno, dal ministro al presidente del Consiglio ha detto il contrario.  Nessuno – conclude – contesta l’uso, bensì l’abuso dello strumento».

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