Maxi blitz allo “Sperone”, piazza di spaccio da 1,8 milioni di euro l’anno

14 Dic 2022 12:09 - di Roberto Frulli

Rendeva fino a 1 milione e 800mila euro l’anno100 euro al giorno agli spacciatori, 50 alle vedette – la piazza di spaccio dello ”Sperone”, a Palermo, gestita da un’organizzazione criminale  disarticolata stamattina con un maxiblitz, che serviva, secondo una stima dei carabinieri, circa 500 “clienti” al giorno.

Definire lo “Sperone” il supermarket della droga di Palermo è persino riduttivo.

Le trentanove misure cautelari emesse dal gip di Palermo su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia e notificate dai carabinieri, hanno colpito un’organizzazione, dedita al traffico di sostanze stupefacenti, nella quale le donne avevano un ruolo di rilievo e ne gestivano la contabilità.

Ma sono state altre donne, madri, che si sono ribellate a questo stato di cose, a far partire il maxiblitz dei militari del Nucleo operativo della Compagnia di Palermo Piazza Verdi.

A segnalare gli spacciatori arrestati all’alba di oggi nel quartiere Brancaccio e Sperone di Palermo sono state, ancora una volta, le mamme del territorio. Che, stanche di assistere allo spaccio davanti ai figli, hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri delle stazioni di Brancaccio e di Acqua dei Corsari.

Quattordici indagati sono finiti in carcere, 17 ai domiciliari, mentre per 8 è stato disposto l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, con l’accusa, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti aggravata dalla disponibilità di armi e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini hanno fatto emergere la struttura, le dinamiche organizzative e le strategie criminali dell’organizzazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti, attiva nel quartiere Sperone di Palermo.

“Agli indagati sono stati contestati oltre 1.650 singoli episodi di spaccio, ma le emergenze investigative consentono di stimare il numero di cessioni in oltre 500 giornaliere”, spiegano gli investigatori dell’Arma che, nel corso delle indagini, hanno effettuato alcuni arresti in flagranza di reato, segnalati alla Prefettura numerosi acquirenti e sequestrati circa un chilo di stupefacente e oltre 5000 euro in contanti.

Moglie e madri, hanno constatato gli investigatori, erano pienamente inserite negli affari.

Ad occuparsi della contabilità e, in alcuni casi, della custodia della droga erano proprio le donne, parenti dei capi dell’organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti e attiva nel quartiere Sperone di Palermo.

In piazzale Ignazio Calona lo spaccio avveniva tranquillamente davanti ai bambini.

I pusher, operativi su strada, sarebbero stati organizzati su turni di 12 ore per garantire la piena attività, anche in orario notturno, della piazza di spaccio.

Ciascuno aveva compiti ben definiti, per i quali era prevista una specifica retribuzione: 100 euro al giorno per gli spacciatori e 50 per le vedette.

Soldi facili, in un quartiere popoloso, che hanno consentito a molti giovani di vedere il proprio futuro in questo contesto come unica scelta di vita e percepire lo Stato lontano, assente, disinteressato.

Magari molti di loro arrotondavano lo stipendio dell’organizzazione criminale con il reddito di cittadinanza promesso e promosso a piene mani da Giuseppe Conte per raccattare qualche voto fra le fasce meno abbienti.

Lo accerteranno ora i carabinieri del nucleo Ispettorato del Lavoro ai quali sono stati trasmessi i nominativi dei 39 indagati, fra i quali non ci sono minorenni. Incroceranno nomi e codici fiscali e si vedrà chi e quanti fra i 39 indagati percepivano il Reddito di Cittadinanza.

Quel che è certo è che lo spaccio rappresentava, per molte famiglie, una delle principali fonti di sostentamento.

Lo spaccio di fiumi di cocaina, crack, hashish e marijuana, avveniva nei pressi di piazzale Ignazio Calona, nel quartiere Speroneperiferia sud orientale della città, dove i clienti arrivavano dall’intera provincia. E dove i vertici dell’organizzazione – due secondo quanto ricostruito dagli investigatori dell’Arma – gestivano il rifornimento, l’organizzazione della piazza di spaccio e raccoglievano i proventi dell’attività con cadenza settimanale.

Le indagini hanno consentito di accertare che il gruppo criminale poteva contare anche sulla disponibilità di armi tanto che, nel corso dell’attività, è stata sequestrata una pistola clandestina calibro 7.65 perfettamente funzionante.

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