La difesa dell’anarchico Cospito ricorre in Cassazione contro il 41bis: i suoi proclami equiparati ai “pizzini”
Ricorre in Cassazione la difesa di Alfredo Cospito contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che ha confermato il 41bis per l’anarchico, detenuto nel penitenziario di Sassari.
Nelle scorse settimane i giudici di sorveglianza avevano respinto il reclamo presentato dall’avvocato Flavio Rossi Albertini sostenendo che “lo status detentivo ordinario, anche in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio da parte di Alfredo Cospito del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza”.
Ora il difensore di Cospito chiede, con il ricorso, di annullare quell’ordinanza.
“Risulta evidente come corrisponde a violazione di legge il fatto che il Tribunale di Sorveglianza – scrive il penalista Rossi Albertini – ha equiparato l’attività comunicativa del Cospito, che viene dallo stesso inviata quale contributo personale alle assemblee o ai giornali anarchici, e che viene poi a sua volta altrettanto pubblicamente divulgata da questi ultimi attraverso il web, nei notori siti d’area ovvero di controinformazione, ai cosiddetti ‘pizzini’, ovvero ai messaggi criptici che vengono veicolati dal detenuto all’esterno, spesso attraverso i parenti, sfruttando a tal fine le occasioni di contatto infra-murario ed esterno tipicamente connesse ad un ordinario regime di detenzione”.
In altre parole, “nonostante la difesa ha puntualmente evidenziato tramite il reclamo, nonché in sede di discussione orale, come lo strumento del 41 bis non si attagli all’attività comunicativa posta in essere da Cospito, nella misura in cui la stessa non è veicolata all’esterno in maniera occulta ovvero segreta, ma si sostanzia in un‘attività interamente pubblica che viene dallo stesso apertamente diffusa all’esterno in incertam personam, ovvero destinata non agli associati, bensì a soggetti gravitanti nella galassia anarchica, il Tribunale di Sorveglianza – si legge nel ricorso per Cassazione – non ha in alcun modo affrontato il profilo de quo, ovvero non ha in alcun modo spiegato come si compatibilizzi lo strumento in esame con una siffatta modalità di manifestazione del pensiero, assolutamente antitetica ed inconciliabile rispetto a quella che viene fisiologicamente sanzionata tramite il 41 bis”. Ora dovranno essere i supremi giudici della Cassazione a esprimersi.