Il Qatargate si allarga al Marocco e riguarda i migranti: 60 gli eurodeputati a libro paga. Il punto sull’inchiesta

15 Dic 2022 8:50 - di Francesco Severini
Qatargate Marocco

Si allarga a macchia d’olio lo scandalo del Qatargate e arriva fino in Marocco. C’è anche la prima confessione, quella di Francesco Giorgi, compagno di Eva Kaili e assistente del deputato europeo del Pd Cozzolino: ha ammesso di avere preso le mazzette perché aveva bisogno di soldi. «Ho fatto tutto per soldi di cui non avevo bisogno».

Una spy story che coinvolge i servizi del Marocco

La vicenda assume ormai i contorni di una spy story: anche i servizi segreti del Marocco entrano in ballo. Oggi è Repubblica a ricostruire la vicenda. “Tutto allora nasce cinque mesi fa. Gli 007 belgi, assistiti da altri servizi europei, vengono a conoscenza che c’è una «rete» che lavora «per conto» del Marocco e del Qatar. L’atto messo a punto dalla procura di Bruxelles mostra una incredibile dovizia di particolari. E una serie di operazioni che vengono decise e concordate all’interno di un sistema rodato. Ogni mossa infatti è volta a compiere una «attività di ingerenza» nelle sedi dell’Ue e nei posti chiave delle istituzioni comunitarie, in particolare il Parlamento. Lo sfondo è il ruolo di Rabat nel Sahara Occidentale e i flussi migratori. Il Marocco vuole che l’Ue non si metta di traverso sull’occupazione di quel pezzo d’Africa e punta ad avere meno problemi possibili dal punto di vista dei flussi dei migranti“. La questione riguarderebbe la disputa che vede il Sahara occidentale conteso tra il Marocco e la popolazione Saharawi del fronte Polisario.

Sessanta eurodeputati a libro paga

Sessanta i nomi coinvolti, secondo fonti greche. Un numero considerevole. Ma di certo la rete influenza il gruppo dei socialisti e democratici. E’ lì che si annida la cricca a capo della quale troviamo Giorgi, Cozzolino e Panzeri. I collegamenti partono dal Qatar ma anche dai servizi del Marocco.

“All’interno di questo quadro – scrive Repubblica – Francesco Giorgi veniva identificato come una sorta di «agente» di Panzeri. Almeno i Servizi marocchini lo utilizzavano in quel modo. Ma erano Cozzolino e Panzeri a gestire l’accordo: al fine di consentire «l’ingerenza del Marocco. Il sistema del Qatar non cambiava molto. Le regole, alla fine, erano le stesse. E gli obiettivi analoghi. In questo caso gli obiettivi sono quelli di rendere accettabili le procedure adottate da Doha sui lavoratori. In particolare quelli impegnati nella costruzione dei mondiali di calcio e quelli messi al servizio dell’organizzazione della competizione calcistica ormai giunta alla partita finale”.

Siamo in presenza di uno scandalo che non è limitato ai Mondiali in Qatar, dunque. Parliamo di corruzione internazionale. Il Fatto sottolinea la gravità della vicenda.  Altro che “Qatargate”, “l’emirato del Golfo persico non è l’unico Paese finito al centro delle operazioni. Anzi: nella storia delle “euromazzette” il ruolo di Doha potrebbe essere persino secondario”, avverte il quotidiano.

Il ruolo dell’ambasciatore Atmoun

E così continua: ” La voce più accreditata è che la dritta sia arrivata dalle “spie” degli Emirati Arabi. Di sicuro c’è che l’intelligence di Bruxelles ha focalizzato la sua attenzione soprattutto sul “Dged”, la Direction générale des Études et de la Documentation, cioè la centrale di spionaggio e controspionaggio all’estero dello Stato maghrebino. A Bruxelles gli 007 di Rabat potevano contare sul supporto di connazionali accreditati come diplomatici. Come Abderrahim Atmoun, ambasciatore marocchino in Polonia. A subire le influenze dei marocchini era soprattutto il gruppo parlamentare dei Socialisti e democratici, grazie al lavoro dei tre italiani”. I tre sono Giorgi, Panzeri e Cozzolino “che fino a ora è stato soltanto interrogato dalla procura federale di Bruxelles”.

Spuntano i nomi di Alessandra Moretti e Brando Benifei

Il Fatto fa anche i nomi di “Alessandra Moretti, che ha già chiarito di non aver “mai partecipato a iniziative organizzate dalla ong di Panzeri” e di Brando Benifei che – sempre al Fatto –  spiega di aver “discusso spesso” nella scorsa legislatura su temi relativi al Marocco, visto che era ed è membro dell’Intergruppo per i diritti del popolo Saharawi”. L’eurodeputata del Pd Alessandra Moretti, dopo aver annunciato querele riguardo agli articoli gravemente diffamatori di alcuni organi di stampa sugli episodi di corruzione al parlamento europeo, ribadisce la propria totale estraneità all’inchiesta in corso, per cui non risulta indagata così come nessuno dei suoi collaboratori, e rilancia le diffide a tutela della propria onorabilità “contro chiunque continui ad accostare il suo nome a tali gravissimi episodi corruzione”.

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