Omicidi di Prati, i dubbi sulla ricostruzione del killer: il mistero dell’auto e l’ombra di un complice

21 Nov 2022 9:38 - di Greta Paolucci
Omicidi Prati

Mentre Giandavide De Pau è controllato a vista nel reparto Covid di Regina Coeli, le indagini sugli omicidi di Prati proseguono, partendo dalla sua confessione. Soprattutto dai dubbi e dai buchi che la sua ricostruzione solleva. Una versione dei fatti, quella che ha reso il killer, che lascia scoperti due elementi chiave della risoluzione completa di un giallo omicidiario: l’arma del delitto e il movente. «Ricordo solo il sangue», ha detto De Pau due giorni fa durante l’interrogatorio davanti ai pm. E intanto, mentre la difesa del reo confesso – ex autista del boss della camorra Michele Senese – valuta la possibilità di procedere con la richiesta di una perizia psichiatrica, il sospetto è che qualcuno abbia coperto il killer…

Omicidi di Prati, i dubbi sulla ricostruzione del killer

Intanto, mentre si attende in settimana – forse già domani – l’udienza di convalida del fermo per il 51enne accusato di triplice omicidio aggravato, si apprende che al momento a De Pau la Procura non contesta la premeditazione.  Il 51enne, con un passato da autista per il boss Michele Senese. E numerosi precedenti a suo carico, tra i quali anche un’accusa di violenza sessuale, nel corso dell’interrogatorio seguito al fermo. Durato sette ore. E in cui gli sono stati contestati il duplice omicidio di Via Riboty e il delitto di Via Durazzo, “Il biondo” ha raccontato di ricordare «tanto sangue in quegli istanti. Ero nella casa di Via Riboty con delle ragazze cinesi, ma poi ho un blackout. Non ricordo di essere stato in Via Durazzo. Ho vagato per due giorni senza mangiare né dormire».

Mancano all’appello l’arma del delitto e il movente

Un dato che non convince gli inquirenti, che ritengono altamente improbabile che in un lungo arco di tempo come quello intercorso tra gli omicidi e il fermo, mentre la notizia dei 3 delitti imperversava su stampa, radio, tv e web, quell’uomo in stato confusionale e con indosso vestiti macchiati di sangue non sia saltato agli occhi di nessuno e non abbia attirato l’attenzione su di sé. Per questo gli investigatori al lavoro sul caso, ritengono più probabile che qualcuno abbia aiutato il killer in fuga a sbarazzarsi dell’arma del delitto, che non è stata trovata. E a coprire le sue tracce fino all’alba di sabato, quando le forze dell’ordine dell’ordine lo hanno prelevato dalla casa della madre in zona Ottavia, con indosso ancora i vestiti sporchi di sangue

Il sospetto di un complice

E allora, sono proprio questi sbalzi da un contesto all’altro. Questi spostamenti, che gli inquirenti al lavoro sul caso stanno cercando di ricostruire nella loro interezza e di ricomporre alla luce delle testimonianze raccolte e dell’analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza: le coordinate che gli uomini della Squadra Mobile stanno seguendo per ricomporre dinamica e tempistica degli eventi. Non solo per tracciare il percorso di De Pau dai delitti al fermo. Ma anche per capire chi possa aver incontrato e chi potrebbe averlo aiutato. All’appello allora, per esempio, manca l’auto dell’indagato, una Toyota. Il mezzo a bordo del quale avrebbe raggiunto l’appartamento di Via Durazzo, dove ha ucciso la prima vittima: la prostituta colombiana Martha Castano Torres.

Il mistero dell’auto

La stessa auto che proprio De Pau ha detto di avere utilizzato per arrivare in Via Riboty 28, dove sono state uccise altre due escort di origine cinese. E poi c’è il giallo nel giallo: quello del misterioso altro uomo che il 51enne ha dichiarato di aver visto dentro quella casa, dove prima di fuggire ha perso il cellulare. Come ricostruisce nel dettaglio un servizio de Il Messaggero, infatti, «nell’interrogatorio (l’uomo ndr) ha sostenuto di avere avuto un blackout. E di avere cercato di soccorrere una delle due donne, tamponandole una ferita alla gola. Ha detto di essersi allontanato a piedi: “Avevo le mani sporche di sangue… Sono sceso in strada”». Poi, di nuovo vuoti di memoria: un buco nero che per De Pau sarebbe andato avanti per 48 ore. Mentre vagava a sua detta per la città. Prima di raggiungere il il B&B a Termini.

L’amica cubana e il B&B

Ed è da quel luogo che sembrano ripartire i flash di qualche ricordo: in quel Bed and breakfast dove abita l’amica cubana con la quale aveva consumato stupefacenti la sera prima dei delitti (il 16 novembre ndr). E alla quale De Pau avrebbe parlato degli omicidi. Ed è sempre lei, la stessa donna, che avrebbe prestato al killer un telefono con cui l’indagato ha potuto chiamare la sorella. Il resto attiene all’iter ordinario delle indagini: l’incarico, che probabilmente sarà affidato oggi, al medico legale per eseguire le autopsie sui corpi delle tre vittime, che si trovano all’istituto di medicina legale del Policlinico Gemelli. E l’audizione presso il gip per l’udienza di convalida del fermo. E tra uno step e l’altro, la cella che ospita De Pau, continuerà ed essere sorvegliata notte e giorno…

 

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