Il traffico di migranti è gestito da organizzazioni criminali: nove anni fa l’allarme, ma nulla è cambiato

17 Nov 2022 18:13 - di Redazione
migranti

“La reiterazione degli sbarchi e le prospettive di ulteriori flussi di migrazione irregolare nella medesima area, richiedono l’adozione di adeguate iniziative da parte di tutte le istituzioni, nazionali e sovranazionali, ognuna per quanto di competenza, per fronteggiare le molteplici implicazioni di ordine politico, sociale, economico e giuridico, che il fenomeno pone”. E’ il 9 gennaio del 2014 e l’allora Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, invia al ministro della Giustizia di allora, ai vertici della Polizia e delle altre forze dell’ordine e alle Procure distrettuali antimafia, le ‘linee guida’ per affrontare quella che definisce una “emergenza”. Sono trascorsi quasi nove anni, ma la situazione non sembra essere cambiata di molto. Come confermano all’Adnkronos diversi Procuratori e sostituti procuratori della Sicilia che quotidianamente si trovano a fronteggiare inchieste sugli sbarchi e le loro implicazioni.

Nel 2014 Roberti dava l’allarme: “Dall’esito di diverse inchieste già condotte dalle autorità giudiziarie italiane, è emerso che spesso le fasi dell’organizzazione, del viaggio via mare e del successivo sbarco, per l’introduzione nel territorio dello Stato di migranti irregolari, sono gestite da organizzazioni criminali, spesso a carattere transnazionale.

L’allora Procuratore nazionale antimafia Roberti ricorda in quella missiva, in particolare, che la Procura catanese aveva “accertato che in alcuni casi vi è stato il coinvolgimento di navigli, le cosiddette ‘navi madre’, provenienti da paesi dell’area nord africana, che hanno attraversato le acque internazionali e affiancato l’azione di più piccole imbarcazioni cui è spettata la gestione finale dello sbarco sulle coste italiane, giungendo autonomamente nelle acqua nazionali”.

L’ex magistrato, poi eletto al Parlamento europeo con la sinistra, aveva ricordato nove anni fa che “nel contesto delle indagini assume particolare rilievo la verifica della sussistenza della giurisdizione italiana in relazione alle condotte illecite dispiegate dalla nave madre in acqua internazionali in sinergia con navigli minori in vista del risultato finale, cioè il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

Roberti nelle ‘linee guida’ cita una serie di decreti per “il contrasto all’immigrazione clandestina” ricordando anche la Convenzione internazionale concernente l’Alto Mare chiusa a Ginevra il 29 aprile del 1958. In particolare citava l’articolo 2 “secondo cui l’alto mare è libero a tutte le nazioni e nessuno Stato può legittimamente pretendere di sottomettere una porzione qualsiasi alla propria sovranità. La libertà sull’alto mare è disciplinata dai presenti articoli della Convenzione e dalle altre norme del diritto internazionale”. Richiama ancora il tema “della giurisdizione in acqua internazionali che è stato esaminato e richiamato ” in diversi atti e documenti.

Roberti proseguendo nelle ‘linee guida’ del 2014 spiega ancora che nelle indagini “a carico di associazioni criminali dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che impiegano navigli per il trasporto di migranti” propone ai procuratori distrettuali “di tenere conto delle linee operative per la possibile soluzione dei problemi di giurisdizione penale e di intervento cautelare, nei casi di attraversamento di acque internazionali”.

Un anno e mezzo dopo, l’8 luglio del 2015, si è tenuta una riunione “del coordinamento strategico” nel corso della quale è emersa tra le altre cose “anche la necessità di ottenere una tempestiva individuazione della Procura distrettuale competente per assumere atti urgenti, in quei casi in cui le unità navali impegnate nelle operazioni di pattugliamento incontrino navi sospette coinvolte in attività illecite, connesse al traffico di migranti e per le quali possa ritenersi la giurisdizione penale italiana”.

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