Ucraina, la Farnesina a Razov: «L’Italia condanna i referendum-farsa della Russia»

3 Ott 2022 13:41 - di Redazione
Razov

«La più ferma condanna per i referendum farsa nelle quattro regioni ucraine». È quanto ha espresso l’Italia in un messaggio consegnato in mattinata dal segretario generale della Farnesina Ettore Sequi a Sergei Razov, ambasciatore russo a Roma. Si tratta, è scritto ancora nella nota di protesta, di «consultazioni che la Russia ha condotto in maniera illegale in violazione di ogni norma del diritto internazionale». Il segretario generale della Farnesina ha spiegato di aver convocato l’ambasciatore nel quadro di «un’azione coordinata con altri partner Ue» con l’obiettivo di far arrivare al Cremlino «un segnale comune, fermo è inequivocabile».

Razov è l’ambasciatore russo a Roma

Non siano, dunque, in presenza di una specifica iniziativa italiana bensì in un’azione concertata a livello europeo per mostrare alla Russia compattezza nell’opera di condanna, non solo dell’invasione di febbraio ma anche dei referendum con i quali Mosca ha dichiarato l’annessione di territori che il diritto internazionale continua a considerare parte integrante dell’Ucraina. È il motivo per il quale, nel corso del loro incontro, Sequi ha fatto presente a Razov che «con le sue azioni», la Russia «sta mettendo gravemente a rischio la sicurezza globale». E che, di conseguenza, l’Italia «è pienamente allineata con i Paesi partner nel valutare ulteriori misure restrittive contro le azioni illegali russe, come strumento pacifico di pressione per porre fine a questa guerra».

Nessun accenno al Nord Stream

Quali saranno queste ulteriori misure non è al momento dato sapere. L’alto dirigente della Farnesina non lo ha spiegato neppure in conferenza stampa, dove ha invece ricordato che «l’attacco e l’invasione di un Paese sovrano, la minaccia di impiegare armi nucleari, la mobilitazione militare su larga scala e i tentativi di presentare falsamente il territorio ucraino come appartenente alla Russia minano l’ordine internazionale basato su regole e sono una palese violazione dei principi della Carta dell’Onu e del diritto internazionale». Sequi e Razov, invece, non hanno minimamente accennato  al «sabotaggio del Nord Stream».

 

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