Troll russi contro Mattarella? Erano fake news. Dopo 4 anni la Procura di Roma chiede l’archiviazione
Non c’era un “complotto di Mosca” o troll russi dietro i tweet che chiedevano le dimissioni di Mattarella nel maggio 2018. La Procura di Roma è arrivata a questa conclusione, dopo quattro anni di indagini, chiedendo l’archiviazione del fascicolo aperto contro ignoti in seguito all’attacco social che travolse il Quirinale.
I fatti risalgono al 27 e 28 maggio 2018, Mattarella, secondo i retroscena politici dell’epoca, aveva posto un veto alla nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia, per via delle presunte posizioni euroscettiche adottate dall’economista negli anni precedenti. Su twitter era entrato in tendenza l”hashtag #Mattarelladimettiti: alcuni giornali avevano evocato ombre russe ipotizzando una regia di Mosca dietro i cinguettii inferociti. Era scattata appunto anche una inchiesta della magistratura: i reati iscritti erano quelli di “attentato alla libertà del presidente della Repubblica” e “offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato”. Sarà ora il gip a decidere se archiviare o ordinare nuove indagini.
Troll russi contro Mattarella: no, la protesta era made in Italy
All’inizio i magistrati ipotizzarono una regia russaa dietro i 400 nuovi account, tutti riconducibili a un’unica origine, dai quali partirono migliaia di messaggi di insulti e di inviti alle dimissioni nei confronti del capo dello Stato. Secondo quanto riferisce il Fatto quotidiano, invece, la Polizia postale aveva escluso fin dalle prime battute dell’indagine un collegamento con troll russi o con altri complotti stranieri. La contestazione era genuinamente “made in Italy”. Quella “pista russa” è stata definita a posteriori da fonti investigative una “suggestione giornalistica“. Tuttavia, quattro anni fa, vennero evocati dei paralleli con i troll russi che sarebbero stati utilizzati per influenzare la campagna presidenziale americana, in occasione dell’elezione di Donald Trump” nel 2016.
La Procura ha chiesto l’archiviazione dopo un’indagine durata 4 anni
Non c’entrava quindi nulla l’Internet Research Agency (Ira) di San Pietroburgo (la macchina della propaganda di Putin) dietro le contestazioni al capo dello Stato. Qualche giornale aveva ipotizzato che dietro quegli «account» ci fossero stati agenti russi sotto copertura. La risposta, quattro anni, esclude il complotto russo. Il coinvolgimento di troll manovrati da Mosca, peraltro smentito a suo tempo dall’allora direttore del Dis Alessandro Pansa in un rapporto consegnato al Copasir, sarebbe stata insomma un’invenzione giornalistica perché non suffragata da alcun elemento concreto.