Pasolini e Guareschi, due intellettuali contro a cui gli americani sabotarono il film

5 Ott 2022 16:20 - di Bianca Conte
Pasolini Guareschi

Un film del 1963, La Rabbia, dalla gestazione difficile e dalla vita nelle sale impossibile. Diretto a quattro mani da Pier Paolo Pasolini e Giovannino Guareschi, la pellicola sparì dai cinema dopo solo due giorni della sua programmazione. Lasciando aperti interrogativi e ipotesi che riecheggiano ancora nell’aria. Dubbi e domande a cui – come spiega Il Fatto Quotidiano oggi – Gabriele Balestrazzi, giornalista e docente all’Università di Parma, dedica un libro intitolato Pasolini-Guareschi: che rabbia… Storia di un film fantasma da far rivivere (Massimo Soncini Editore, pagg. 133, euro 12).

Pasolini, Guareschi, un loro film scomparso e quel “difficile” rapporto tra i due intellettuali

Il film, firmato dai due intellettuali di pregio, con idee e sensibilità opposte, indaga tra ingenuità, intuizioni e visionarietà, nel segno di una modernità anticipatrice dei tempi. Una dote che rende la pellicola attuale ancora oggi. Un’opera in cui – scrive Il Fatto riportando le parole di Balestrazzi – «Pasolini e Guareschi, proprio grazie alle loro diversità, ci aiuteranno a trovare qualche risposta preziosa per affrontare una vita che è purtroppo ancora “dominata dalla scontentezza. Dall’angoscia, dalla paura della guerra. E dalla guerra”, come si diceva in La rabbia». Un’analisi di celluloide sulla mutazione antropologica degli italiani alle prese con l’euforia del boom. Su un Paese ritratto com’era e come sognava di essere. Una realtà sospesa tra la guerra alle spalle e gli ancheggiamenti del twist.

“La Rabbia”, la pellicola che gli Usa ritirarono subito dalla sale

Una pellicola flop al botteghino, e d’altro canto non poteva essere diversamente, e che – spiega l’autore del volume sul “film fantasma” – la casa distributrice Warner Bros di Roma, legata agli Stati Uniti, scelse di ritirare dalle sale. Così come spiega il servizio del Fatto: «Era il 13 aprile 1963. Seguirono proiezioni molto brevi, per un giorno o due, a Roma, Milano, Firenze, Viareggio e in poche altre città. Poi sparì. Ne diede notizia il Corriere della Sera, il 20 aprile, in sette righe: «Il film La Rabbia ritirato dalla circolazione»… «Anche La Stampa ne scrisse, affermando che «si ignorano le cause del provvedimento». E nessuno, per decenni, si chiese le ragioni della scomparsa di quella assai singolare pellicola». Un titolo dalla vita breve e misteriosa, su cui oggi l’accademico Balestrazzi torna a puntare i riflettori.

«La Warner Bros ha volutamente “sabotato” il film»

E, soprattutto, a riaprire il caso sostenendo che: «Se il produttore del film, Gastone Ferranti, aveva avuto inizialmente il dubbio che la parte di Pasolini fosse troppo sbilanciata e benevola verso l’Unione Sovietica. Qui l’ipotesi è che la major americana abbia volutamente “sabotato” il film soprattutto per gli attacchi polemici di Guareschi verso gli Stati Uniti». Il che, prosegue nella sua spiegazione l’autore, «farebbe il paio con l’altra notizia – emersa ad anni di distanza – secondo cui a Hollywood negli anni 50 sarebbe stato negato un Oscar al primo e popolarissimo film di Don Camillo, addirittura per intervento della Cia. Contrariata dal fatto che il comunista sindaco Peppone uscisse alla fine in modo simpatico».

Quel sospetto di «attacchi polemici di Guareschi verso gli Stati Uniti»

Tutto «a dimostrazione che «troppo spesso» Guareschi è stato visto e giudicato «a senso unico. Dimenticando che di sconti non ne aveva mai fatti a nessuno: certo non ai comunisti, ma neppure alla Dc o appunto all’America»… Insomma, un film dalla lavorazione difficile e dalla distribuzione ancor più funesta, firmato da due autori che guardavano al Paese e al mondo da angolazioni differenti. Pasolini, uno scrittore e poeta civile e irriverente. E un “trasgressivo” regista cinematografico. L’attento studioso di un’Italia stravolta dalla “modernizzazione”. Nostalgico di un mondo arcaico. Populista e reazionario, cattolico e comunista. Accanto a lui Guareschi, un uomo dalle convinzioni granitiche, ex deportato nei lager nazisti, che dell’anticomunismo aveva fatto la sua bandiera e la sua fonte di ispirazione.

Pasolini e Guareschi e le due opposte angolazioni da cui guardare la società

Due simboli dell’Italia di allora. Due intellettuali alle prese con il racconto di una società a cui guardare da postazioni parallele. Due personalità opposte, decise a ignorarsi reciprocamente, salvo in occasione di un botta e risposta in cui: «Lei è un reazionario», disse Pasolini. «Lei è un borghese di sinistra e, come tale, conformista», replicò Guareschi. Entrambi autori di un film che oggi, a quasi sessant’ anni dal suo esordio nelle sale (e dal suo immediato ritiro), sarebbe ora di recuperare per poter leggere tra le righe e in quei fotogrammi datati il nostro passato e il nostro presente, come rileva Balestrazzi, ancora «dominato dalla scontentezza, dall’angoscia, dalla paura della guerra, dalla guerra». Proprio come si diceva in La rabbia».

 

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