Nella polveriera dei Balcani prosegue la guerra delle targhe tra Serbia e Kosovo. E Putin sta alla finestra

28 Ott 2022 14:42 - di Lorenzo Peluso

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

E’ un vortice pericoloso quello della retorica incendiaria in cui entrambe le parti, Serbia e Kosovo, alimentano giorno dopo giorno, sollevando lo spettro di un nuovo conflitto nei Balcani. La tensione è altissima tra Serbia e Kosovo per quella che è stata definita la “guerra delle targhe”. Un tema di scontro che ritorna nuovamente ora che il governo kosovaro vuole obbligare i suoi cittadini di etnia serba a cambiare le proprie targhe automobilistiche, emesse dalle autorità di Belgrado, sostituendole con targhe kosovare entro la fine del mese. È l’ultimo capitolo di un rapporto molto complicato fra le autorità di Belgrado e quelle di Pristina.

La guerra delle targhe tra Kosovo e Serbia

Il Kosovo, Stato formalmente non riconosciuto dall’Onu, ha ottenuto nel 2008 l’indipendenza dalla Serbia, che però continua a considerare il territorio una sua regione. Sono 3.700 i militari della NATO e dei paesi alleati dispiegati in Kosovo per garantire la libertà di movimento a tutte le comunità che vivono in quei territori, ma le crescenti tensioni rendono sempre più difficile questo compito. I kosovari sono in maggioranza di entina albanese, ma quelli di etnia serba non intendono obbedire alle autorità di Pristina. “Abbiamo già posticipato la scadenza, dal 30 settembre al 31 ottobre. Invito tutti a munirsi di targhe legittime”, ha detto di recente Albin Kurti, capo del governo del Kosovo. Se il governo kosovaro non estenderà ancora il termine per la registrazione delle nuove targhe, tuttavia, il rischio è che la situazione degeneri, con i serbi pronti a reagire a quella che considerano un’ingiustizia: è possibile che si verifichino un blocco completo delle strade e la completa chiusura di tutti i valichi e di tutti gli accessi tra la parte settentrionale, abitata in prevalenza da serbi-kosovari e quella meridionale del Paese.

Russia e Cina alla finestra, a supporto della Serbia

Da quando il Kosovo ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza nel 2008, 50.000 serbi che vivono nel nord del Paese utilizzano targhe e documenti rilasciati dalle autorità di Belgrado, rifiutandosi di riconoscere le istituzioni della capitale Pristina. “Non aspettatevi che i serbi si ritirino o che si sentano bene. C’è una nuova generazione di bambini, giovani uomini nel nord del Kosovo e non sopporteranno questa situazione. Non vedono il Kosovo come paese indipendente, come fanno 22 dei 27 paesi membri dell’UE, lo sentono come un territorio della Serbia” aveva affermato qualche settimana fa il premier serbo Aleksandar Vucic. Rimane una polveriera nel cuore dell’Europa la questione Kosovo. Serbia, Russia e Cina non riconoscono l’indipendenza del Kosovo, che è sostenuto dagli Stati Uniti e dalla maggior parte dei paesi occidentali.

La consegna dei carrarmati di Mosca a Belgrado

Intanto nella città di confine di Mitrovica, divisa a metà tra Serbia e Kosovo, la tensione è particolarmente alta. In Occidente si teme che la Russia possa incoraggiare la Serbia ad un intervento armato nel nord del Kosovo, che destabilizzerebbe ulteriormente i Balcani e sposterebbe, almeno in parte, l’attenzione dalla guerra della Russia in Ucraina. La Serbia è in trattative per l’adesione all’UE da circa 8 anni ma al momento ha rifiutato di allineare completamente la sua politica estera con il blocco europeo e ha lavorato in parallelo al rafforzamento delle sue relazioni con Mosca e Pechino, fatto questo che potrebbe aggiungere un nuovo ostacolo al dialogo. Intanto negli ultimi mesi la Russia ha consegnato alla Serbia 30 carri armati e 30 veicoli corazzati e le ha venduto i sofisticati sistemi di difesa aerea Pantsir mentre dalla Cina, sono arrivati elicotteri d’attacco e trasporto e droni.

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