Morte di Martina Rossi, l’ultimo sfregio al dolore dei genitori: semilibertà per i due condannati
Dopo lo strazio della perdita di una figlia, e il calvario giudiziario patito per ottenere giustizia e verità, ora i genitori di Martina Rossi sono chiamati a incassare l’ennesimo colpo: il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha disposto la detenzione in regime di semilibertà per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, i due trentenni di Castiglion Fibocchi (Arezzo), condannati definitivamente dalla Cassazione a tre anni di reclusione per tentata violenza sessuale sulla studentessa genovese. La ragazza, che era in vacanza con le amiche, morì all’età di 20 anni il 3 agosto 2011, precipitando dalla terrazza del sesto piano dell’Hotel Santa Ana a Palma di Maiorca, mentre cercava di fuggire da un tentativo di stupro dei due giovani aretini che alloggiavano nello stesso albergo.
Caso Martina Rossi: semilibertà per i due condannati
Nell’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza, tenutasi il 29 settembre scorso, il procuratore generale aveva chiesto il rigetto delle misure alternative. Mentre le difese di entrambi i condannati avevano chiesto la messa in prova ai servizi sociali. Alla fine, il Tribunale ha deciso per la detenzione in regime di semilibertà e ieri, venerdì 7 ottobre, la procura generale ha ricevuto la decisione. E ha emesso il provvedimento di esecuzione. Sempre ieri, nel pomeriggio Albertoni e Vanneschi si sono costituiti al carcere di Arezzo. L’esecuzione del provvedimento di carcerazione parziale è avvenuto esattamente un anno dopo la sentenza definitiva della Cassazione, emessa il 7 ottobre 2021. «La semilibertà concessa agli assassini di nostra figlia sembra un mezzo premio, peraltro non meritato. Non si sono mai pentiti, non hanno mai chiesto scusa. E non si sono mai ravveduti», hanno commentato amaramente all’Adnkronos i genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo.
Amara sorpresa per i genitori: «Un premio non meritato»
Nel novembre 2021 i due giovani avevano chiesto l’affidamento in prova ai servizi sociali, che presuppone la resipiscenza dei condannati e il risarcimento. Sono stati i genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo, a sollecitare il Tribunale di Sorveglianza e la Procura generale di Firenze a prendere una decisione che tardava ad arrivare.
Per i genitori di Martina la concessione della semilibertà è l’ultimo, duro colpo
Albertoni, sportivo noto nella disciplina del motocross. E Vanneschi, artigiano, hanno sempre negato con decisione l’accusa. Nel processo le difese hanno argomentato la mancanza, a loro dire, di elementi per attribuire ai due giovani responsabilità penali. Suicidio o fatto accidentale, sono state le ipotesi alternative non accolte dalla giustizia. Resta adesso aperto l’aspetto civilistico con la definizione del risarcimento ai familiari di Martina Rossi. I genitori della ragazza hanno appreso con stupore la concessione della semilibertà ai due giovani condannati: «Saremmo stati più contenti se fossero rimasti in carcere. Non vorrei che alla fine finissero a dormire in albergo. Sono proprio triste di fronte a questa decisione». La mamma Franca, invece, si è detta «stordita dal rincorrersi delle notizie: non ne possiamo più di questo balletto. Prima ci hanno detto che erano finiti in carcere. Ora che hanno avuto la semilibertà»…
I genitori di Martina: 11 anni di dolore, ma vincono sempre i cavilli…
Intanto, però, per loro prosegue l’ergastolo del dolore: fine pena mai… «Noi continuiamo da undici anni – ha aggiunto infatti la mamma di Martina – a vivere il nostro dramma. C’è stata una violenza sessuale di gruppo che ha portato alla morte della nostra Martina. I due condannati con il loro comportamento hanno provocato una morte. Ma non si sono resi conto di quello che hanno fatto. Sulla base del buon senso, uno si aspetterebbe che la condanna a 3 anni di reclusione fosse scontata interamente in carcere. Ci sembra che i cavilli e la burocrazia ci siano già stati ampiamente in questi 11 anni di dolore». E invece, a suon di eccezioni e decisioni controverse, oggi si è celebrata l’ultima, drammatica beffa. Che arriva, come anticipato, dopo un estenuante iter processuale durato anni.
Morte di Martina Rossi, un estenuante calvario giudiziario
Furono proprio i genitori di Martina a ottenere la riapertura del caso in Italia, dopo che le autorità spagnole avevano chiuso la pratica escludendo responsabilità di terzi. Il fascicolo passò dalla Procura di Genova a quella di Arezzo. Con una prima sentenza di condanna a 6 anni (anche per il reato di morte in conseguenza di altro reato). Quindi con la successiva assoluzione in appello. Poi arrivò il pronunciamento della Cassazione, che rimise in discussione le conclusioni dei giudici di secondo grado. Infine l’appello bis: con le condanne a tre anni e il suggello definitivo della Cassazione. Condanna che oggi i cavilli ridimensionano beffardamente…