Il colpo da maestro di Adriano Panatta: “Io antifascista? Certo, ma anche anticomunista”

15 Ott 2022 8:28 - di Lucio Meo

Lo vedrete stasera in tv con Paola Ferrari a “Domenica dribbling” su Rai 2, a commentare il campionato di calcio, ma non solo. Adriano Panatta sul piccolo schermo funziona bene come funzionava in campo ma anche sui giornali, quando rilascia interviste, non è mai banale. Ecco perché in una sua chiacchierata apparentemente “leggera”, su Repubblica, questa mattina, il campione di tennis – da sempre uomo di sinistra e protagonista della famosa protesta delle magliette rosse contro il dittatore cileno, in Coppa Davis – si lascia andare a un colpo da maestro, il rigetto delle ideologie, tutte, il fascismo come l’antifascismo.

Adriano Panatta, progressista liberale contro il comunismo

L’intervista tocca tutti i temi della vita privata e sportiva di Adriano Panatta, per concludersi con una riflessione politica. Il cuore batte ancora a sinistra? “Ha una domanda di riserva? Sono fondamentalmente un liberale progressista. Antifascista e anticomunista. Spero, come credo, che in Italia siano finite sia una cosa che l’altra”. Una volèe all’incrocio delle righe, per chi vive la politica moderna al di fuori dagli schemi ideologici, da una parte e dall’altra. Romano, classe 1950, nel 1976 è stato il numero 4 al mondo, quell’anno vinse gli Internazionali d’Italia e il Roland Garros (dove nei quarti di finale fece l’impresa, riuscì a battere Björn Borg), oggi vive con la seonda moglie Anna Bonamigo a Treviso, dove ha rilevato un circolo sportivo. Recentemente Panatta si era espresso contro l’esclusione dei tennisti russi dalle competizioni sportive.

Il tennis, la tv, il futuro del campione

“Alessandra De Stefano, la direttrice di Rai Sport. Voleva che facessi le telecronache della coppa Davis, non ci penso per niente. Ero stato ospite al Circolo degli anelli, mi è simpatica. Ho detto subito: sai come lavoro in tv, faccio un po’ come mi pare. Abbiamo parlato e eccoci qua”, spiega Panatta annunciando la sua presenza fissa a “Dribbling“, anche se ammette: Il calcio, secondo il mio punto di vista, viene trattato in modo un po’ ecumenico. Sembra che non si possa dire niente. I tifosi? Se si incavolano si incavolano, tanto si arrabbierebbero lo stesso. Nella maggior parte delle interviste i calciatori dicono: dobbiamo impegnarci di più. Poi tutti usano la parola ‘importante’. Ma perché? Un giocatore non è importante, è bravo”.  Che tipo di tifoso è? “Non sono un fanatico, quando vince la Roma sono contento ma se perde non mi viene il malumore. Conosco lo sport, so cosa può succedere. Un notaio ligio tutti i giorni alle regole che allo stadio si scatena mi fa ridere. Mia moglie quando la Roma segna un gol si stupisce: tu non esulti? Esprimo di rado l’entusiasmo, mai capito i tifosi che passano il tempo a suonare il tamburo. Intendiamoci, possono farlo: ma perché?”.

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