“Terrazza Sentimento”, 8 anni all’imprenditore Alberto Genovese per violenza sessuale su due ragazze

19 Set 2022 12:52 - di Paolo Lami
genovese domiciliari

Al termine del processo con rito abbreviato, il 45enne Alberto Genovese, l’imprenditore milanese proprietario dell’attico “Terrazza Sentimento” di fronte al Duomo di Milano e accusato di due episodi di violenze sessuali è stato condannato a 8 anni e 4 mesi dal gup di Milano, Chiara Valori.

Alberto Genovese, che era presente nell’aula del settimo piano del Palazzo di giustizia dove si svolgeva il processo, è stato ritenuto colpevole sia dello stupro nei confronti di una 18enne avvenuto il 10 ottobre 2020 nel suo attico ‘Terrazza sentimento’ in centro a Milano, sia della violenza sessuale di una 23enne abusata il 10 luglio 2020 in una villa a Ibiza, sempre dopo averle rese incoscienti con un mix di droghe.

Condannata a 2 anni e 5 mesi, invece, l’ex fidanzata Sarah Borruso imputata in concorso con l’ex-re delle start up solo per l’episodio spagnolo.

Accerchiato dai suoi legali e con accanto la sorella che è sempre stata presente durante il processo abbreviato, il viso imperturbabile e coperto dalla mascherina, l’ex-imprenditore non ha proferito parola ai numerosi giornalisti presenti, mentre i difensori si sono limitati a un semplice “attendiamo le motivazioni” che saranno rese note tra 90 giorni.

La sentenza contro Alberto Genovese accoglie in pieno la richiesta della pubblica accusa, rappresentata dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, che durante la requisitoria avevano parlato di un quadro di “devastazione e degrado umano” e avevano chiesto otto anni di reclusione e 80mila euro di multa.

Bocciata completamente la linea difensiva che chiedeva l’assoluzione “per ‘insussistenza del fatto” per l’episodio di Ibiza e il vizio parziale di mente, e dunque il minimo della pena, per l’episodio di Terrazza Sentimento.

L’abuso di sostanze illecite e alcol, insieme a un “disturbo dello spettro autistico di livello moderato” diagnosticato dalla psicologa di parte, avrebbe compromesso la possibilità di riconoscere il mancato consenso da parte della vittima.

Una difficoltà che nell’udienza dello scorso 27 giugno cercò di rendere a parole lo stesso Genovese, parlando per circa 5 ore davanti al giudice, aveva provato a rendere mettendo ordine tra il prima e il dopo della sua vita: da un lato la droga che annebbia e annienta, la caccia spasmodica a donne giovani con cui ricercare il piacere estremo, poi il carcere, il trasferimento in una comunità di recupero, la perdita dell’ ‘etichetta’ di imprenditore di talento.

Dopo aver rivisto le immagini di quelle serate, catturate dal sistema di video sorveglianza, Genovese si era pentito per la sua vita dissoluta e sfrenata. Oggi il giudice non ha creduto alla sua difesa

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *