Sul presidenzialismo la sinistra continua a dire sciocchezze con incredibile ipocrisia

9 Set 2022 11:30 - di Carmelo Briguglio
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Adesso basta. Mettiamo le carte sul tavolo. Hanno rieletto Mattarella. Hanno infranto la consuetudine – fa parte o no della Costituzione? Eh, ora non più: ci comprendiamo, no? – della non rieleggibilità. Per la seconda volta. L’interessato aveva richiamato il magistero avverso dei predecessori, un po’ di “destra”; diciamola tutta: eletti con i voti del Msi; eh sì, Antonio Segni e Giovanni Leone: due capi di Stato giuristi e che giuristi, cavolo. Due prof di diritto, uno – il quarto Presidente – pure ex rettore. Non alla Montanari: arrossisco per lui, quando parla di Quinta Repubblica con tanto crasso ignorare. Loro – disse “prima” Mattarella – erano contrari alla rieleggibilità: la consideravano “consuetudo” implicita alla Carta. Perché: bla bla, bla. Tante ragioni. Giuste. Tutte. Contrario lo era anche Ciampi (anche lui eletto con i voti della destra).  Quindi: non azzardatevi – li diffidò il prof Sergio, già giudice della Consulta – a fare questa “torsione” costituzionale: io vado via, ho preparato gli scatoloni. Ho affittato la casa. Non mi presto. Poi, poi: sappiamo com’è andata. E vabbè. Mi taccio oltre. Ma – regista grande proprio Letta il piccolo: piccolo, piccolo – il vulnus alla “Costituzione più bella del mondo” c’è e rimane. Posso dirlo? Beneficiari due presidenti provenienti dalla sinistra. Posso constatarlo? 

Nessuno tocchi Mattarella, ma dopo bisogna superare il vulnus del bis 

Tutta la dottrina costituzionale è e resta contraria alla rieleggibilità del Capo dello Stato: quattordici anni, potenzialmente. Tanto, vogliono fare restare Mattarella al Quirinale. Dopo la semi-monarchia di re Giorgio. Se ritengono corretto così, perché no? Lunga vita. Nessuno lo tocchi. Un monarca, quindi. Vuol dire che sarà il primo e ultimo se si farà la riforma del centrodestra. Che si applicherà dopo di lui. È chiaro. Ma è una “cosa” da cambiare. Un “pericolo” in potenza, no? Che il centrodestra vuole superare, appunto. Con un’idea che sottopone agli elettori. Nel programma suo: con trasparenza. Dove tutti possono leggere. Dimenticate, dimenticate pure quella “cosa” lì. Ma ora, arrivate a dire che è pericolosa la Meloni col suo semi-presidenzialismo alla francese  Sarebbe un rischio per la democrazia il cinque più cinque d’Oltralpe e non il bis di sett? Sarebbe un attentato alla nostra democrazia un sistema in cui il Presidente é eletto dal popolo, ma è “limitato” dal Parlamento che deve dare la fiducia al suo capo del governo? A un premier che può essere di “colore” opposto al Presidente costretto alla “coabitazione” dalla maggioranza del Parlamento? Ricordate le coabitazioni Mitterrand-Chirac, Mitterrand-Balladur, Chirac-Jospin? Sinistra e destra, destra e sinistra. A limitarsi l’un l’altro; a collaborare reciprocamente in nome della “Republique”.

Quindi Macron sarebbe un pericolo?

Macché pericolo. Ma, davvero, vogliono sostenere – questo sarebbe, ragionando – che Macron sarebbe “pericoloso” perché espresso da un sistema “pericoloso”? I francesi hanno corso gravi rischi con i socialisti Mitterrand e Hollande – e tutti gli altri – e non se ne sono accorti? Ma, si vuole cadere nel ridicolo, con queste assurdità lanciate contro la premiership di Giorgia Meloni. E della “casta” – absit iniuria verbis – dei giurisperiti costituzionali  e politologi progressisti, nessuno si alza a dire che si tratta di una grossolanità? Sono tutti Ceccanti, cultori cangianti della Magna Carta italica? Tutti in modalità silenziosa, quando dovrebbero parlare per sgombrare la competizione elettorale, da sgorbi dialogici e giuridici? Sono tutti succubi di Zagrebelsky e del giro “repubblichesco”? Muti. Nessuno parla. Ancora per quanto? Fino a quando deve resistere questo infimo inquinamento del dibattito politico ed elettorale?

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