“Repubblica” processa il lessico della Meloni: anche ricordare i morti è da immaginario fascista

27 Set 2022 11:36 - di Adriana De Conto
Repubblica Meloni

Giorgia Meloni dovrà stare bene attenta alle parole che usa. Repubblica mette sotto osservazione il suo lessico politico. Ha ha iniziato a farlo individuando ben quattro espressioni “pericolose”: patrioti, Nazione, Tradimento e il richiamo commosso fatto dalla leader di FdI a “chi non c’è più”. Incredibili sono gli elementi “fascisti” che l’editorialista Marco Belpoliti evince “decrittando” i legami nascosti di queste parole con lessico e immaginario da Ventennio. L’avevamo già osservato, il quotidiano di Molinari è ancora in campagna elettorale. E lo spettro del fascismo – arma rivelatasi spuntata e assurda- continua a tenere banco. Non si sa mai. L’editorialista ne è ben sicuro: “La lingua batte dove il dente duole” scrive Belpoliti parlando di “una sorta di inconscio politico”. La prima parola rivelatrice dell'”Inconscio” della Meloni sarebbe “tradimento”.

Repubblica “processa” il lessico della Meloni

La leader di FdI ha ripetuto in tutta Italia un concetto che i più dimenticano il giorno dopo il voto, ossia le promesse fatte in campagna elettorale. “Non tradiremo gli italiani”, ha detto, dunque, ben decisa a rispettare gli impegni presi da FdI. Incredibilmente leggiamo: “Perché usare questo sostantivo il cui significato è ‘consegnare oltre’? Forse c’è il ricordo di quel tradimento della Patria l’8 settembre 1943. Quando dopo l’arresto di Mussolini il maresciallo Badoglio trattò la resa con gli angloamericani?”. Siamo all’assurdo, lo diciamo con rispetto e sconcerto. Come è bizzarro leggere che  “Tradimento nel lessico di Giorgia Meloni è il venir meno della parola data, al giuramento, indica qualcosa che appare una vergogna, un disonore”.  Disattendere le promesse agli elettori per qualcuno è roba normale, per altri – e per fortuna la Meloni è tra questi- è cosa di cui vergognarsi. Qual è il problema?

Per Repubblica il ricordo di “chi non c’è più” fatto dalla Meloni è da immaginario fascista

Poi si arriva all’insensibilità. “C’è quel ringraziamento ai morti, a coloro che non ci sono più nel giorno della vittoria. Nel lessico neofascista i “camerati morti” sono una assenza sempre presente. Non so se Giorgia Meloni pensava a loro, di certo nel Fascismo di Salò, modello ideale della vecchia guardia del Movimento sociale italiano, c’è il gravame della morte, della “bella morte”. La lingua ci parla”.  Ma parla a chi, scusate? Non c’è stata persona dopo l’avvenuta vittoria di FdI che non abbia rimpianto genitori e nonni defunti, fratelli e parenti che avrebbero gioito con noi di una vittoria lungamente sperata, lungamente attesa. Anche pensare ai morti diventa espressione di un fascismo ‘inconscio’? Qui arriviamo all’insensibilità o all’ossessione. Senza arrivare al fascismo, ricordiamo sommessamente che ci sono defunti più recenti, che noi tutti rimpiangiamo: le vittime di destra degli Anni di piombo, stroncati nelle loro giovani vite. Belpoliti trova da ridire anche se Meloni rivolge un ricordo commosso a loro, a “Coloro che non ci sono più?”.

Repubblica vuole “insegnarle a parlare: “Perché la Meloni non usa il termine cittadini?”

Viene poi incriminata la parola “patrioti“, che la Meloni usa al posto di  “cittadini”. Repubblica vuole decidere cosa si deve dire, come si deve parlare. ” Perché non usare la parola uscita dalla Rivoluzione francese, citoyen?”.  Tanti perché: “Perché per indicare l’Italia Giorgia utilizza il termine “Nazione” e non “Paese”? Il sostantivo “paese” non figura nel suo lessico perché è una parola che si lega a una terra e un luogo preciso, a uno spazio personale e anche intimo”? “Nazione è un termine più astratto e rimanda al gergo della politica. E nonostante il suo forte valore emotivo, resta uno dei vocaboli più incerti e vaghi del linguaggio politico della modernità”. L’esegesi del lessico meloniano rasenta l’assurdo quando neanche il termine “responsabilità” va bene agli esegeti.

Anche il termine “responsabilità” è sospetto

Meloni è ‘sospettata’ perché nel suo discorso notturno dopo i dati del voto che hanno sancito la sua vittoria ha usato il termine “responsabilità”, che nelle parole della leader di FdI significa essere degni dei nuovi impegni che la paolitica le attribuirà, onorandoli nel migliore dei modi. Arriccia il naso Belpoliti. “Una parola piuttosto recente, dal momento che nasce nella Francia della fine del Settecento ripresa dall’inglese responsability – discetta il docente e saggista-  carica degli avvenimenti storici del periodo rivoluzionario. Cosa intende con responsabilità Giorgia Meloni? Riguarda forse un nuovo lessico che intende adottare per diventare quel leader politico che non ha più il proprio baricentro in un partito del passato; forse aspira a guidarlo sino a divenire una forza politica che supera il proprio retaggio storico fiamma compresa”?

“Non c’è nulla del futuro nel lessico della Meloni”

Sembra una requisitoria, un processo alle parole, in un finale assurdo e livoroso, al termine del quale arriva la sentenza: “Nell’epoca della terza rivoluzione industriale, quella dell’informatica e del web, diretti verso la quarta, o forse quinta, con la frontiera dell’intelligenza artificiale che avanza, il Paese s’ appresta ad essere governato dagli eredi del Mussolini repubblichino, l’uomo degli ultimi giorni di Salò congelati nella memoria missina ben oltre un mezzo secolo. Nel lessico di Giorgia Meloni non c’è nulla di questo futuro, semmai del “futuro anteriore”, che fa sì che nella storia tutto si possa ripetere. Siamo a questo punto?”. Ecco siamo noi a chiederlo.

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