Moby Prince, una terza nave provocò la collisione. Sospetti sul peschereccio 21 Oktoobar II

15 Set 2022 17:16 - di Paolo Lami

Fu una terza nave, sconosciuta, presente in quel momento di fronte al porto di Livorno, a provocare, la notte del 10 aprile 1991, la collisione fra il traghetto Moby Prince della Na.Ar.Ma e la petroliera Agip Abruzzo che causò la morte di 140 persone fra passeggeri e membri dell’equipaggio e il ferimento del mozzo Alessio Bertrand, unico sopravvissuto della tragedia, il più grave disastro della marineria civile italiana.

Lo ha rivelato oggi, nel corso di una conferenza stampa, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro della nave Moby Prince presentando la relazione finale dei lavori dell’organismo. Che ha fissato alcuni punti fermi della vicenda utili, nell’immediato, alla Procura di Firenze concentrata sulla nuova indagine dopo la precedente della Procura di Livorno.

Il primo punto fermo è, appunto, come detto, la presenza di questa terza nave sconosciuta giacché non è stato possibile accertarne l’identità.

“Non siamo in grado di rispondere” al quesito dell’identità di questa nave, è stato spiegato, aggiungendo, tuttavia, di aver indicato “due piste”.

La prima riguarda le bettoline in manovra, la seconda ipotizza un ruolo della 21 Oktoobar II, nave peschereccio di costruzione italiana, battente bandiera somala.

“La distanza temporale dai fatti, l’assenza di accertamenti esaustivi e diretti svolti nell’immediatezza dei fatti dagli inquirenti e alcuni fraintendimenti rendono tecnicamente impossibile il preciso accertamento dell’identità del terzo natante. – spiegano i membri della Commissione. – La conclusione anticipata della legislatura ha impedito alla Commissione di proseguire con gli accertamenti e in particolare di verificare con esattezza le presenze e i movimenti di tutte le unità navali riscontrabili nella rada di Livorno la notte del 10 aprile. Il solco di indagine su cui la Commissione stava operando al momento dell’interruzione dei lavori di indagine riguardava alcune imbarcazioni che erano già state oggetto di attenzione da parte della Procura di Livorno nella cosiddetta ‘inchiesta bis’ (2006-2010), su cui la Commissione stessa ha ritenuto opportuno acquisire ulteriore documentazione tecnica”.

La Commissione si concentra sulla “21 Oktoobar II” evidenziando “alcune incongruenze relative alla 21 Oktoobar II, nave peschereccio di costruzione italiana, battente bandiera della Somalia, di proprietà della società armatrice Shifco di Mogadiscio. Non è la prima volta che la presenza del 21 Otkoobar II nel porto di Livorno incrocia la vicenda del Moby Prince”.

L’altra ipotesi ricordata è quella delle “bettoline” ovvero “navi di piccole dimensioni che effettuano servizio di trasporto merci o liquidi verso navi più grandi in ambito strettamente portuale”. Una ipotesi, si ricorda nella relazione, in parte già analizzata dalla magistratura inquirente.

Un altro punto fermo indicato dalla Commissione è che “il sistema delle eliche” del traghetto “era in piena efficienza al momento della collisione” e “non vi era alcuna avaria né malfunzionamento ai sistemi della Moby Prince”.

Altro aspetto non da poco è che, dalle perizie acquisite,  l’Agip Abruzzo “si trovava in una zona di divieto di ancoraggio”.

Molto ci si aspettava dal cosiddetto “bobinone”, un nastro che, fino ad ora, non era mai stato ascoltato ma, di fatto, ammette la Commissione d’inchiesta sulla Moby Prince “non c’è nessuna informazione nuova dall’ascolto delle 11 tracce audio” di quella notte e non sono emerse “informazioni aggiuntive rispetto a quelle già ascoltate”.

La Commissione, infine, conferma quanto anticipato due giorni fa dall’Adnkronos in relazione alle tracce di esplosivo rinvenute sulla Moby Prince da uno 007 militare incaricato come perito, all’epoca, dalla Procura di Livorno ma risultate, poi, frutto di contaminazione.

“Le perizie ci dicono che l’esplosione non fu causa della collisione e i reperti hanno subito una contaminazione – ha spiegato la Commissione. – Stavamo lavorando per approfondire” la questione della contaminazione ma i lavori della Commissione si sono interrotti per la fine anticipata della legislatura.

“Sono orgoglioso di aver contribuito, come Fratelli d’Italia, alla ricerca della verità e garantisco che anche nella prossima legislatura proseguiremo in questo senso, sperando di aver dato alla Magistratura, elementi utili per le nuove indagini – dice il parlamentare Salvatore Sasso Deidda, esponente di FdI in Commissione. – A conclusione di questa giornata, ho voluto ricordare Angelo Chessa, figlio del Comandante della Moby Prince, che ha dedicato la vita per ricercare la verità, insieme al fratello Luchino e ai comitati dei familiari delle vittime, e recentemente scomparso”.

 

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