L’anatema del cardinale Zuppi sull’esempio di Wojtyla: “I mafiosi sono dei mezzi uomini” (video)

27 Set 2022 20:39 - di Penelope Corrado
cardinale Zuppi

“Altro che uomini d’onore, come amano definirsi: i mafiosi sono dei mezzi uomini, i mafiosi sono dei vigliacchi!”: è senza mezzi termini la definizione del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Maria Zuppi. Rispondendo alle domande del telegiornale SkyTg24 a margine della Messa celebrata nel cortile d’onore della Corte di Cassazione in occasione dei 32 anni dall’assassinio deciso dalla mafia del giudice Rosario Livatino, che papa Francesco ha proclamato Beato, il cardinale di Bologna afferma che la Chiesa “deve e può fare molto per combattere la mafia”.

Le parole del cardinale Zuppi echeggiano quelle di Giovanni Paolo II nel ’93

“Dopo il famoso ‘Convertitevi, verrà per voi il giudizio di Dio’ pronunciato da Giovanni Paolo II nel 1993 ad Agrigento, 3 anni dopo la morte di Livatino, credo che la Chiesa stessa si sia convertita contro le mafie” dice il cardinale. “E con fermezza la Chiesa combatte quello che c’è dietro le mafie, come faceva Livatino, oppure, come fece un altro grande martire di mafia, padre Pino Puglisi, le combatte sottraendo loro la mano d’opera, dando un futuro e speranza ai giovani, creando alternative”.

Alla domanda se c’è ancora qualche timore da parte di parroci e sacerdoti in terra di mafia nel fare passi coraggiosi contro la criminalità, il presidente della Cei risponde che “le mafie hanno tanti modi per intimidire, e qualche volta qualcuno, che sia sacerdote o meno, può scegliere la via, sbagliata, della prudenza. Cioè, ci si lascia intimidire. Perché gli uomini della mafia non sono uomini d’onore, come amano definirsi, ma sono mezzi uomini, sono dei vigliacchi. La corruzione è vigliacca, e loro corrompono, per togliere agli altri. Ma occorre essere uomini, si deve voler bene agli altri. E difendere la giustizia”.

Chi era il giudice Rosario Livatino

Al momento della morte, il 21 settembre 1990, Rosario Livatino, 38 anni ancora da compiere, lavorava ad Agrigento da 12 anni ed era il punto di riferimento dei colleghi dell’ufficio, in virtù della sua saggezza e della sua preparazione. Lo ricorda il sito a lui dedicato: era insomma il contrario di un “giudice ragazzino”, come ancora adesso lo qualifica chi ha scarsa conoscenza del suo profilo. L’espressione fu adoperata in chiave polemica nei confronti dell’allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga: in realtà, questi l’aveva a sua volta evocata per segnalare l’anomalia di un accesso alla funzione di magistrato anche a 24/25 anni (all’epoca possibile), affiancata dal frequente affidamento di poteri assai incisivi. Come “martire della giustizia e della fede”, Rosario Livatino viene ricordato dalla Chiesa cattolica ogni 29 ottobre.

 

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