La cauta apertura di Travaglio: Meloni viene dalla militanza politica e non dall’affarismo
L’editoriale che non ti aspetti, oggi, è quello di Marco Travaglio, conciliante verso Giorgia Meloni ma al modo in cui può essere conciliante Marco Travaglio. Un modo, cioè, spigoloso, ruvido, arcigno. Però una cauta apertura, nel suo editoriale, c’è.
“Gli italiani – scrive Travaglio – hanno deciso: l’Italia avrà di nuovo un governo di destra. Come nel 1994, nel 2001-’06 e nel 2008-’11. L’unica differenza è che stavolta il premier sarà probabilmente – e giustamente, visti i voti raccolti e l’abisso che separa Fratelli d’Italia dai fratelli-coltelli leghisti e forzisti – Giorgia Meloni: una donna che viene dall’estrema destra, ma comunque dalla militanza politica, non dagli affari e malaffari di un impero mediatico-finanziario frutto di frodi, corruzioni, piduismo e mafioseria. Noi pensiamo che sarà un pessimo governo…ma, abituati come siamo a giudicare i governi solo da quello che fanno, speriamo di essere smentiti”. A Travaglio, sembra di capire, basta che un eventuale governo meloni non sia una replica dei governi Berlusconi.
Una cauta apertura che, tradotta, significa: siccome Meloni non è Berlusconi, staremo a vedere quello che combina. Del resto Travaglio non ha cavalcato in campagna elettorale la pregiudiziale antifascista, anzi in più di un’occasione ha ribadito che quella era stata una mossa falsa del Pd. I suoi attacchi, più che a Giorgia Meloni, erano diretti a un centrodestra incapace a suo dire di cambiare pelle.
E non ha fatto sconti a Enrico Letta, colpevole di aver cercato di mettere nell’angolo il M5S, senza successo. Resta ora da vedere se anche Travaglio si unirà al coro di quanti vogliono il ritorno del “campo largo” – cioè dell’alleanza tra dem e Cinquestelle – o se terrà conto del fatto che il partito di Conte risorge solo se si sfila dall’abbraccio con i “compagni” del Nazareno.