Il Sud non ha bisogno né di elemosine né di elemosinieri: ecco gli interventi da fare subito  

21 Set 2022 16:12 - di Gianluca Brancadoro (*)
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Una  politica di sussidi ha la sua ragion d’essere in una fase di emergenza o di crollo del mercato, come è stato negli ultimi due anni. Ma terminata questa fase, il prolungare sussidi a pioggia sotto varie forme corrisponde a una vera e propria elemosina che, a mio modo di vedere, non fa altro che lacerare un già provato tessuto sociale e, paradossalmente, finisce col “corrompere” le generazioni a venire.

Siamo nell’ovvio più conclamato, ma l’esigenza prioritaria per una società è il recupero, laddove manca, della dignità del lavoro e cioè del lavoro inteso come fattore di benessere, come fattore di costruzione della personalità o di rafforzamento di essa. Questa è la priorità per il Mezzogiorno d’Italia: è allora necessario individuare quali siano le aree di intervento immediato che funzionino da volano per la ripresa dell’economia e soprattutto per la ripresa delle attività imprenditoriali, per la creazione di nuove occasioni di lavoro e di stimolo per i giovani alla professionalizzazione.

Anzitutto, partiamo dal PNRR per vedere quali sono gli stanziamenti per il Mezzogiorno d’Italia e in particolare la quota di stanziamenti a fondo perduto, la quota di finanziamento a debito, le aree di intervento. Coordinando gli elementi che possiamo trarre, è possibile arrivare a soluzioni di intervento immediate (compatibilmente con le condizioni di fatto e con le tipologie di intervento stesso), tenuto conto delle caratteristiche territoriali, ambientali e di vocazione del Sud.

Il PNRR assegna ai territori del Mezzogiorno una quota importante di risorse, pari a circa 82 miliardi di euro (il 40% delle risorse allocabili territorialmente) che rappresentano un’opportunità unica di sviluppo per il Sud. Tali risorse devono essere utilizzate al meglio nei seguenti settori strategici: la blue economy, elemento centrale per la competitività, attrattività e crescita di tutto il Mediterraneo; la gestione delle acque, i nuovi corridoi energetici e la sfida della green transition; gli investimenti infrastrutturali; lo sviluppo del settore turistico per un Sud ancor più attrattivo; il rilancio degli atenei e degli istituti specializzanti.

  1. Il sistema portuale: la blue economy rappresenta circa 50 miliardi di Pil nazionale nel 2021, ove qui si intende la cantieristica, il sistema portuale, la pesca, la logistica, le vie del mare e del turismo nautico, cui aggiungere un indotto di almeno pari importo per arrivare a oltre 120 miliardi di pil. In questo settore, il 47,9% delle imprese, vale a dire quasi la metà del totale nazionale, si trova nel Mezzogiorno (107.568 imprese circa) ma, nonostante ciò, la loro incidenza sull’economia nazionale è pari solamente all’11,2%.

Orbene, il sistema portuale nell’Italia meridionale è piuttosto arretrato sia per la scarsa frequenza di porti lungo le coste, sia per la modestia di questi. Dopo i grandi porti commerciali e turistici di Napoli e Salerno, bisogna arrivare in Sicilia per avere strutture simili o a Cagliari.

La frequenza di porti turistici in Francia è di circa un porto ogni 50/ 60 miglia: dovrebbe essere questo un obiettivo per l’Italia meridionale, considerata anche la mitezza del clima e l’attrattività di porti turistici come chiave d’ingresso in territori turisticamente rilevanti. Invitalia, società a controllo pubblico, ha una particolare expertise in materia portuale anche con una società dedicata e potrebbe essere il volano per la costruzione di porti prevalentemente turistici e commerciali. Il successo del porto commerciale di Gioia Tauro, gestito dal gruppo Aponte (leader mondiale nel trasporto container), attesta queste grandi potenzialità: Gioia Tauro è uno snodo importante per tutto il traffico nel Mediterraneo, si immagini una funzione simile attribuita anche al porto di Cagliari soprattutto per la movimentazione di container.

  1. La gestione delle acque è un tema complesso e soprattutto alcuni interventi non possono che essere previsti in un arco ultradecennale, penso al rifacimento della rete idrica nell’Italia meridionale.

In questo ambito, tuttavia, un intervento piuttosto rapido è rappresentato dalla costruzione di impianti di desalinizzazione proprio per la conformazione italiana lungo le coste meridionali e – con assoluto e prioritario rispetto dell’ambiente e del paesaggio – possono essere rapidamente costruiti impianti  a servizio dell’entroterra, a questo va aggiunto una serie di interventi immediati, casomai da porre a carico dell’impresa ingaggiata per la  costruzione e gestione dell’impianto di desalinizzazione, quali la costruzione di invasi e argini per il miglior contenimento delle acque.

Gli impianti di desalinizzazione rappresentano, a mio modo di vedere, la risposta migliore, anche in termini di celerità, per risolvere il drammatico problema della siccità che sta attanagliando l’Italia e soprattutto il Sud. Sono molteplici i progetti elaborati per la costruzione di questi impianti, primo tra tutti il progetto “Acqua per la Vita” di Webuild S.p.A., questo gruppo si è già cimentato con successo nel mondo anche in questo campo, per non parlare poi di altri player  nazionali.

Infine,  visto che parliamo di acque e territori rivieraschi, va gestita con ordine e intelligenza, così come hanno già fatto Francia, Spagna e Grecia, la transizione verso il rinnovo delle concessioni balneari salvaguardando i gestori che hanno investito o che intendono investire per migliorare le strutture e quindi incentivandoli.

  1. L’elenco delle opere infrastrutturali necessarie per il Sud è lunghissimo, dal completamento del raddoppio dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, al miglioramento della rete ferroviaria; qui siamo talmente in ritardo che qualsiasi intervento nei prossimi cinque anni è sicuramente il benvenuto. Alcune iniziative in questi settori hanno la bontà che possono essere attuati in tempi relativamente brevi (alcuni di essi nell’arco di cinque anni) comunque cantierizzabili nell’immediato, ciò può comportare nell’immediato l’attivazione di quel circolo virtuoso di cui si è detto in apertura: ripresa dell’attività imprenditoriale, ripresa del lavoro, stimolo per i giovani a professionalizzarsi in funzione di quello che il mercato offre in questo momento. Non più lavoretti stagionali senza grandi prospettive temporali e senza professionalizzazione, ma acquisizione di sapienza e capacità tecniche. Insomma, l’acquisizione da parte dei giovani non solo di un fattore di benessere materiale ma anche della ricostruzione di quella che è la dignità del lavoro, base essenziale per qualunque comunità e quindi soprattutto per il rilancio del Sud

(*) professore di Diritto Commerciale nell’Università di Teramo, avvocato in Roma (esperto in operazioni societarie e in ristrutturazioni aziendali)

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