Suicidio assistito, Elena è morta in Svizzera. Oggi Cappato si autodenuncia: rischia fino a 12 anni

3 Ago 2022 11:21 - di Eugenio Battisti

È morta ieri in Svizzera, dove si era recata con Marco Cappato, Elena, conosciuta con il nome di fantasia Adelina. “Ha appena confermato la sua volontà: è morta, nel modo che ha scelto, nel Paese che glielo ha permesso”. A darne la notizia su Twitter è lo stesso tesoriere dell’associazione “Luca Coscioni”. Che oggi andrà a in una stazione dei carabinieri di Milano per autodenunciarsi alle autorità italiane. Per il reato di aiuto al suicidio. Una fattispecie prevista dall’articolo 580 del codice penale che prevede pene che possono raggiungere anche i 12 anni di carcere.

Suicidio assistito, è morta in Svizzera Elena

La donna, veneta, 69 anni, aveva ricevuto la diagnosi di microcitoma polmonare a inizio luglio 2021. Da subito i medici le avevano detto che avrebbe avuto poche possibilità di uscirne. Dopo tentativi di cure, le è stato detto che c’erano pochi mesi ancora di sopravvivenza. Con una situazione che, via via, sarebbe diventata sempre più pesante. Così Adelina  ha chiesto di essere accompagnata nel Paese elvetico per potere accedere legalmente al suicidio assistito. E ieri, in una clinica elvetica,  dove era arrivata il giorno prima accompagnata da Marco Cappato, ha portato a termine la sua volontà.

L’ultimo messaggio della donna affetta da microcitoma polmonare

“Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita. E debba farlo anche sulla propria fine. Senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto”, così l’ultimo messaggio di Elena. “Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto. Nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola”. Per il radicale Marco Cappato si tratta di una nuova disobbedienza civile. Dal momento che la persona accompagnata non è “tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”. Quindi non rientra nei casi previsti dalla sentenza della Corte costituzionale sul caso di Dj Fabo per l’accesso alla tecnica in Italia.

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