Cacciari: «Non c’è alcun pericolo fascismo». Però poi invoca la grande ammucchiata per fermare la destra

1 Ago 2022 15:35 - di Natalia Delfino
cacciari

La sinistra «non esiste più», per questo il centrosinistra per cercare di vincere deve fare «una cosa di centro, alla Macron». Perché «se la partita è Macron contro Le Pen, allora vince Macron». A sostenerlo è stato Massimo Cacciari, spiegando che per Letta mettersi con Calenda, Renzi e Di Maio è «una strada obbligata». «Devono esserci alla fine, per forza. Ma la coalizione dovrebbe esprimere un comune sentire e questo è già più difficile, l’ultimo che vi riuscì fu Romano Prodi con l’Ulivo nel 1996», ha aggiunto il professore, secondo il quale in questo modo il Pd manterrebbe aperta la partita delle elezioni, nonostante lui stesso ammetta l’esistenza di tutta una serie di ostacoli su questo percorso per arrestare l’avanzata della destra che, per inciso, non considera né «pericolosa» né tanto meno «fascista».

Tutto per fermare Meloni, che «si sta muovendo bene»

In una lunga intervista con Repubblica, Cacciari ha sottolineato tutta l’anomalia di questa campagna elettorale in cui si sfidano «partiti che hanno governato insieme fino a ieri», dicendosi convinto che, nonostante i sondaggi, il centrodestra «non ha affatto ancora vinto». Secondo lui, per farcela dovrebbe «non esplicitare il candidato leader per Palazzo Chigi» e, benché Meloni si stia «muovendo bene», saprebbe «benissimo che non le basta un mese per accreditarsi».

Il suggerimento di Cacciari: replicare lo schema Macron-Le Pen

Del resto alla sinistra va decisamente peggio. Per Cacciari «non esiste più». «Smettiamola una volta per tutte», è stata la sua esortazione, accompagnata da un ragionamento sul fatto che Letta ha di fronte a sé la «strada obbligata» di mettersi con Calenda, Renzi e Di Maio, anche se non riescono a esprimere «un comune sentire» e se la «convivenza di tanti galletti» crea difficoltà. E, d’altra parte, lo schema mentale resta quello della validità dell’ammucchiata pur di fermare il centrodestra. Per Cacciari, infatti, il centrosinistra può giocarsela imitando Macron, mettendo in piedi uno schema come quello usato contro Le Pen, perché in quel caso «vince Macron». E poco importa che l’Italia abbia un diverso sistema istituzionale, che Meloni non sia Le Pen e che la sinistra nostrano non abbia un suo Macron. Dovrebbe comunque, non si sa come, ingegnarsi.

Ma il centrosinistra italiano non ha un Macron

«Un buon sostituto potrebbe essere soltanto un programma coeso tra i personaggi che ho citato prima intorno al Pd di Letta. Ma niente assemblaggi di cocci. Niente alleanze straccione.
Una coalizione che possa attrarre i moderati, i delusi dell’elettorato di Forza Italia, i leghisti del Nord preoccupati per la svolta a destra, la grande borghesia imprenditoriale che – ha sostenuto Cacciari – guarda con inquietudine a Giorgia Meloni». «Questo spazio c’è, è ampio. Il centrosinistra se fa così è pienamente in partita», ha aggiunto, spiegando che la platea di riferimento dovrebbe essere quella dell’astensionismo, dei giovani disoccupati, dei sottoccupati, delle donne, dei cervelli in fuga. Tutte categorie, però, che «la sinistra in questi ultimi vent’anni ha ignorato».

Il filosofo: «Non è più tempo dei Santoro o dei Cacciari»

E, dunque, ci si domanda, come potrebbe in un solo mese, con una coalizione accozzaglia e con tanti galli a cantare, risultare credibile su questi temi? Ma tant’è il filosofo, per il quale inoltre «la realtà dice che non è più il tempo di Santoro e di Cacciari», ci crede o forse semplicemente ci spera. Nonostante, per sua stessa ammissione, la destra, che pure definisce «estrema» e «sovranista», non sia affatto «pericolosa», né vi sia in Italia «alcun pericolo fascista» o rischi di svolta autoritaria, sul cui significato semmai bisogna intendersi.

«La destra non è pericolosa e non c’è alcun pericolo fascista»

«Se significa Stato totalitario sul modello dei primi cinquant’anni del Novecento è ridicolo pensare a un suo ritorno», ha detto Cacciari, sottolineando che «le forme di repressione e di controllo sono assai più sofisticate, e queste sì minacciose per la nostra democrazia, che potrà salvarsi solo con quelle profonde riforme istituzionali di cui nessuno più parla». Anche qui, però, sorge una riflessione: è lo stesso Cacciari che avvertì su cosa significava davvero il Green pass per la nostra democrazia? E, se sì, da quale parte politica potrebbero arrivare allora, a suo avviso, quelle minacce alla nostra democrazia?

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