L’ombra degli scandali del figlio (e non solo) sulla ricandidatura di Biden, già scaricato dai democratici
Buona parte dei dem non lo sopporta e non vede l’ora di scaricarlo ma, al momento, non ha valide alternative a Joe Biden, in caduta libera per quel che riguarda la fiducia riscossa fra i suoi elettori, e, perdipiù, appesantito nella sua corsa zoppicante dagli scandali del figlio su cui il Congresso potrebbe accelerare eventuali indagini.
Il bello che Biden è appeso, nelle sue decisioni se ricandidarsi o meno, a ciò che farà o potrebbe fare il suo arcinemico Donald Trump.
La Washington Post ne lega i destini rendendo la prossima corsa alla Casa Bianca un mistero fittissimo e dall’esito imperscrutabile.
Per il presidente americano Joe Biden si apre un lungo periodo di riflessione per decidere se ricandidarsi alla Casa Bianca.
Una fase che comporterà discussioni con sua moglie, Jill, considerazioni su come una nuova corsa potrebbe influenzare la famiglia, comprese le potenziali indagini del Congresso su suo figlio.
Un’importante decisione personale, su cui incombe l’ombra di Donald Trump, l’uomo che Biden ha spesso cercato di ignorare, quello di cui ha cercato di cancellare l’eredità.
Nel descrivere in questi termini la scelta cui il presidente americano in carica si trova davanti, la Washington Post ricorda che Biden si era sentito motivato a candidarsi in gran parte perché si considerava nella posizione migliore per sconfiggere Donald Trump.
E tuttora Biden considera l’eliminazione di Trump dalla Casa Bianca come uno dei suoi maggiori contributi per il suo paese.
La questione sta in questi termini: con Trump che incombe come potenziale futuro candidato repubblicano – un annuncio potrebbe arrivare a settembre – Biden è convinto di essere ancora nella posizione migliore per batterlo.
Il presidente in carica potrebbe correre per la rielezione in ogni caso, secondo chi gli è più vicino, ma se Trump scendesse in campo, sarebbe molto più probabile che lo facesse anche Biden.
E se Trump decidesse di rinunciare? Sarebbe molto più facile per gli altri democratici avvicinare Biden per proporgli di chiedere a qualcun altro di sfidare un candidato repubblicano più giovane.
Per quanto riguarda la corsa contro Trump, Biden “si considera l’opzione migliore“, afferma Ted Kaufman, consigliere e confidente di Biden di lunga data.
“Ma la cosa principale è, come si sentirebbe se non lo facesse e se Trump venisse eletto presidente?”
Questa dinamica, osserva il quotidiano statunitense, crea una strana codipendenza tra i due ex candidati rivali.
A Trump, una rivincita darebbe l’opportunità di ribadire le sue false affermazioni secondo cui è stato lui il vero vincitore nel 2020.
Per Biden, sarebbe un’occasione per riaffermare con forza la sua destituzione di Trump e dimostrare che la sua vittoria non è stata un colpo di fortuna.
Ma c’è un timore di fondo tra alcuni democratici sulle possibilità di Biden contro Trump o un altro repubblicano.
Il presidente in carica sta affrontando un periodo insolitamente difficile della sua presidenza.
I suoi indici di approvazione sono ai minimi storici e il 64% dei Democratici in un recente sondaggio del New York Times–Siena College ha affermato di volere un candidato diverso nel 2024.
I sostenitori del presidente sostengono tuttavia che è lui l’unica persona in assoluto in grado di sconfiggere Trump e che rimane in una posizione unica per assemblare una coalizione vincente di centristi e liberali, con il forte sostegno della comunità nera.
Per ora all’interno del Partito Democratico non è emersa alcuna alternativa significativa a Biden, nonostante la frustrazione soprattutto a sinistra per un impegno considerato non sufficientemente passionale di fronte a un GOP aggressivo.
“Alcune persone hanno messo in dubbio le prospettive di Biden, ma non hanno presentato un piano alternativo. Lo hanno solo criticato“, afferma Ben LaBolt, uno stratega che ha lavorato per la campagna di rielezione di Obama e come consigliere del team di transizione per Biden e il vicepresidente Harris.
Quanto a Biden, in un’intervista della scorsa settimana con un’emittente israeliana si è limitato a sottolineare: “L’unica cosa che so della politica, e della politica americana in particolare, è che non c’è modo di prevedere cosa accadrà“. “Non sono ancora a metà del mio mandato. E quindi c’è molto tempo per capire”.