La Cassazione: l’ex membro dei Pac Luigi Bergamin è ancora legato alla cultura dell’eversione

12 Lug 2022 16:46 - di Redazione

Luigi Bergamin, condannato per concorso morale negli omicidi commessi da Cesare Battisti del maresciallo Antonio Santoro e dell’agente Andrea Campagna (pena prescritta nel 2008), avvenuti nel ’78 e ’79, è ancora legato alla cultura eversiva da cui proviene.

Inoltre si è distinto per “un atteggiamento antidoveroso verso le vittime e i parenti” che dà conto “in una logica di proiezione verso l’attualità che Luigi Bergamin non avesse rinnegato i delitti commessi, né avesse preso le distanze dai fini di eversione democratica che avevano sorretto la spinta a delinquere (…) in ragione dell’ideologia politica che aveva guidato la commissione dei fatti”.

È quanto scrive la Cassazione nelle motivazioni con cui ha confermato la dichiarazione di “delinquenza abituale” decisa dal tribunale di Sorveglianza di Milano nel giugno dello scorso anno per il 73enne ex militante dei Proletari armati per il comunismo (nella foto insieme a Cesare Battisti).

I supremi giudici, nel respingere il ricorso di Bergamin, spiegano che non si sarebbe potuti giungere a un’altra decisione, “valorizzando il puro decorso del tempo, senza disporre di elementi concreti che dessero conto del superamento certo di un rischio di reiterazione di fatti illeciti”. “Bergamin, come ritenuto dai giudici di merito, è stato un ideologo apicale dell’associazione eversiva che ha dimostrato di non aver rielaborato né rinnegato il suo passato e di non aver intrapreso alcuna iniziativa positivamente valutabile, tra l’altro, verso i parenti delle vittime. Egli – sottolineano i giudici della prima sezione penale della Cassazione- è rimasto legato culturalmente, dunque, all’azione di contestazione eversiva armata posta in essere, storicamente, lasciando immutato il rischio di rinnovazione delle condotte devianti e contro l’Istituzione statuale”.

Per Bergamin, che rientra fra i dieci ex terroristi italiani per i quali la Corte di Appello di Parigi ha negato l’estradizione, la Cassazione lo scorso febbraio, accogliendo il ricorso della Procura di Milano, ha dichiarato non prescritta la pena a 16 anni e 11 mesi di reclusione.

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