Il regista iraniano Panahi condannato a 6 anni di carcere. La moglie: “Senza alcun processo è un rapimento”

19 Lug 2022 16:01 - di Bianca Conte
Panahi

Le autorità di Teheran insistono sulla linea dura contro i dissidenti. Il tribunale ha condannato il pluripremiato regista iraniano Jafar Panahi, arrestato la scorsa settimana, a sei anni di carcere. E la moglie del cineasta, Tahereh Saeedi, lo denuncia a chiare lettere alla Bbc Persian: «Senza alcun processo, è un rapimento»… I media iraniani hanno attribuito la notizia alla magistratura iraniana, affermando che Panahi è stato trattenuto dopo essere andato nella prigione di Evin per chiedere informazioni su uno dei due colleghi registi arrestati per aver sostenuto le proteste antigovernative.

Il regista iraniano Jafar Panahi condannato a 6 anni di carcere

Sono state le guardie a informare la moglie di Panahi che il marito doveva scontare una pena detentiva eccezionale. Ma la donna non ci sta: e ai microfoni dell’emittente inglese grida tutta la sua rabbia per quanto sta accadendo. «Jafar ha dei diritti come cittadino. Un giusto processo. Per imprigionare qualcuno, deve prima essere processato. Ma imprigionare qualcuno che sta protestando fuori dal carcere solleva molte domande. Questo è un rapimento», ha detto più volte la donna, sconvolta e incredula.

La moglie furiosa alla Bbc: «Senza alcun processo è un rapimento»

Tutta la vicenda che coinvolge Panahi e alcuni suoi colleghi del resto ha dell’incredibile. Mohammad Rasoulof e Mostafa Al-e Ahmad, i registi per la cui detenzione Panahi stava protestando, sono finiti in cella senza troppe spiegazioni per alcuni post sui social media riguardanti il ​​crollo di un edificio di 10 piani nella città di Abadan a maggio. Un disastro che ha ucciso più di 40 persone. Le loro recriminazioni sulla tragedia non sono passate inosservate alle autorità locali, che prontamente hanno accusato i due cineasti di «incitare a disordini e sconvolgere la sicurezza psicologica della società», ha riferito l’agenzia di stampa statale Irna

Panahi nelle maglie di un sistema giudiziario persecutorio

Dunque, sebbene il curriculum di Panahi renda il regista 62enne un fiore all’occhiello della società culturale di Teheran, il sistema giudiziario locale sembra non tenerne conto. E a giudicare da quanto il tribunale ha disposto per il cineasta, i numerosi premi conquistati in diversi festival cinematografici internazionali – inclusi l’Orso d’Oro a Berlino per Taxi nel 2015, e il premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes per Three Faces nel 2018 – non fanno e non faranno la differenza. Punito per la sua dissidenza, Panahi continuerà a scontare una libertà di pensiero e di espressione che continuerà a condannarlo sempre.

La complicata vita di Panaji, regista e dissidente

Come dimostrato già con i fermi precedenti. Quello del 2010, per esempio, quando gli agenti hanno arrestato il delfino di Abbas Kiarostami per aver sostenuto le proteste antigovernative di massa scoppiate dopo le contestate elezioni presidenziali dell’anno precedente. Non solo. Panahi è caduto vittima delle maglie giudiziarie anche successivamente, quando l’aula lo ha condannato per «propaganda contro il sistema» a sei anni di carcere. La sentenza prevedeva tra l’altro il divieto di girare film o di viaggiare all’estero per ben 20 anni.

La solidarietà del Festival di Cannes e della Biennale di Venezia

In quell’occasione il cineasta iraniano avrebbe scontato due mesi prima del rilascio su cauzione condizionale. Stavolta, probabilmente, le cose potrebbero non svolgersi così rapidamente. Il festival di Cannes ha affermato in un comunicato la scorsa settimana di “condannare fermamente questi arresti e l’ondata di repressione palesemente in corso in Iran contro gli artisti”. Come la Biennale di Venezia che già nei giorni scorsi ha chiesto in un comunicato ufficiale la sua scarcerazione.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *