È giallo sulla morte di 50 prigionieri di Azov nel carcere di Olenivka: i russi negano l’accesso alla Croce rossa
La Russia non ha concesso a rappresentanti della Croce Rossa l’accesso alla prigione di Olenivka, in Donetsk, dove sono rimasti uccisi oltre 50 prigionieri ucraini in un’esplosione. “La nostra richiesta di poter incontrare i prigionieri di guerra a Olenivka non è stata accolta, concedere l’accesso alla Croce Rossa è un obbligo previsto dalla convenzione di Ginevra”, denuncia la Croce Rossa su Twitter, precisando che continuerà a chiedere ai russi di poter visitare il penitenziario teatro dell’esplosione avvenuta nella notte del 29 luglio.
I russi, che accusano l’Ucraina di aver bombardato il carcere, accusa negata con forza da Kiev che invece afferma che Mosca ha provocato l’esplosione per nascondere crimini di guerra, aveva detto di aver “ufficialmente invitato” esperti dell’Onu e della Croce Rossa a visitare Olenivka, ricorda Ukrinform.
Mosca si smentisce e nega l’accesso a Olenivka
Mosca aveva invitato poche ore prima ‘ufficialmente’ esperti delle Nazioni Unite e del Comitato Internazionale della Croce Rossa a visitare la prigione di Olenivka dove in un’esplosione sono morti almeno 50 prigionieri di guerra Ucraina. Lo scrive l’agenzia Tass riportando le dichiarazioni del Ministero della Difesa russo. Nel testo si sottolinea “l’interesse della Federazione russa a condurre un’indagine obiettiva” sull’incidente di Olenivka.
“Sappiamo che in Ucraina i combattenti Azov sono gli eroi ed è ovvio che i nostri non li avrebbero neanche sfiorati. Da quel che so i russi hanno torturato i ragazzi e in questo modo vogliono coprire le tracce delle torture”. Così Anna Zaitseva, moglie di Kyrylo Zaitsev, nome di battaglia come combattente di Azov Volt, esprime, parlando con l’Adnkronos, la certezza che l’esplosione che ha distrutto il carcere di Olenivka sia stata provocata dai russi e non, come sostiene Mosca, frutto di un raid ucraino.
“Hanno provocato un incendio nel carcere per coprire le tracce delle torture”
“Da quel che so, già molti esperti hanno valutato il video e hanno detto che ci sarebbe stata un incendio dall’interno in quanto non ci sono i crateri che sarebbero stati provocati dagli Himars – continua – le finestre non sono esplose”. “Un’altra cosa che insospettisce è che non ci sono vittime tra lo staff del carcere. Di fatto tutte le persone morte erano del reggimento Azov. Anche questo fa pensare che tutto sia stato fatto appositamente”, continua la 25enne che a maggio è uscita con il figlio di pochi mesi è uscita dall’acciaieria Azovstal dove era entrata insieme al marito a fine febbraio. Da allora non ha notizie di lui.
“Purtroppo ad ora non ho alcuna sua notizia. E quello che è successo ieri ci ha scosso tutti”, continua Anna che dopo essere stata evacuata a Mariupol ora da qualche settimana si trova a Barlino dopo sta aspettando il permesso di soggiorno per poter accedere alle cure mediche per lei ed il bambino, che ancora risente dei mesi passati ad Azovstal