Carne farcita di droga per i detenuti del carcere di S. Maria Capua Vetere: la denuncia del Sappe
Il ridotto personale di Polizia in servizio al settore colloqui del carcere di Santa Maria Capua Vetere ha scoperto nei pacchi diretti ai detenuti portati dai familiari carne cruda farcita all’hashish, con un sequestro di circa 100 grammi di stupefacente. Lo rende noto Emilio Fattorello, Segretario Nazionale per la Campania del Sappe, il sindacato della Polizia penitenziaria: “Questo è solo uno degli interventi effettuati, tra eventi critici all’ordine del giorno. Come la rissa tra decine di detenuti che il garante dei detenuti della Provincia di Caserta, Elisa Belcuore, censura e liquida come un lieve litigio”.
Il Sappe: sistema penitenziario al collasso
“Solo che quel ‘lieve litigio’ – prosegue – ha tutte le caratteristiche di un preciso reato perseguibile di ufficio con aggravante delle lesioni. Le violenze tra i detenuti di S. Maria si registrano continuamente. Quindi invitiamo la garante ad accedere agli eventi critici della sala situazioni. Per riscontrare le continue aggressioni tra detenuti, al personale. Con oltraggi e resistenze a pubblico ufficiali, con devastazioni, traffici di cellulari e droga, estorsioni: di sicuro non fenomeni stagionali – è il grido di dolore di Fattorello- ma espressione di un sistema penitenziario allo sfascio di cui noi dovremmo avere il controllo”. Non si tratta di un episodio isolato. I casi riguarda l’intero sistema carcerario italiano.
Aggressioni dei detenuti al personale: la garante minimizza
“La rissa – precisa il sindacalista – si è verificata all’interno della sala socialità dove era ristretta in quel momento la quasi totalità dei detenuti della sezione: oggi si parla solo di 6 detenuti coinvolti perché quelli che sembra si siano fatti refertare. Gli altri nel rispetto della regola principe carceraria dell’omertà sono rientrati in cella. Ci sono testimonianze precise degli agenti e, dove occorresse, le immagini delle telecamere”.
Il Sappe: “Non si può più nascondere la realtà”
“Quindi – si legge nella nota – nessuna apocalisse denunciata dal Sappe ma solo quotidianità che ricade sulla pelle della Polizia Penitenziaria di S. Maria Capua Vetere. Invitiamo la Garante ad usare termini più consoni e a mantenere toni più bassi proprio per i fragili equilibri che si vivono ogni giorno nel Penitenziario Sammaritano”. Sul caso è intervenuto anche Donato Capece, segretario generale del Sappe: “Non è nascondendo la realtà o, peggio, alterando i fatti e gli eventi critici in carcere che ci si può edulcorare la drammaticità delle nostre strutture detentive. Non si nasconda la testa sotto la sabbia. In carcere quello che manca è il lavoro, che dovrebbe essere obbligatorio per tutti i detenuti. Dando quindi anche un senso alla pena e invece la stragrande maggioranza dei ristretti sta in cella venti ore al giorno, nell’ozio assoluto. E farli stare fuori dalle celle dodici ore al giorno senza fare nulla non risolve i problemi, anzi”.