Scuola, l’appello di “Manifesto dei 500”. I prof contro i miti progressisti: torniamo alla cultura

9 Giu 2022 16:39 - di Sara De Vico

All’allarme scuola. Sembra un luogo comune ma non lo è. Il declino ormai decennale dell’istruzione  e dell’educazione dei giovani è sotto gli occhi di tutti. Tante le cause. Dall’introduzione massiccia della tecnologia alla “desacralizzazione della scuola” all’insegna del mito della scuola democratica, egualitaria, di massa. L’anti-autoritarismo post ’68 ha avuto effetti drammatici. Come fotografa bene l’ultimo saggio di Luca Ricolfi e Paolo Mastrocola. Intitolato Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza (2021).

Scuola dissacrata, l’appello dei 500 prof

Da qui l’appello di un cospicuo numero di insegnanti per “la difesa e il rilancio delle discipline, della professione insegnante e del futuro dei giovani”. A promuovere  “Manifesto dei 500”  anticonformismo nella difesa della scuola dalle manipolazioni imposte dall’alto. L’appello parte dal fatto che “da venticinque anni assistiamo ad un progressivo abbassamento del livello dei curricoli. E delle conoscenze trasmesse ai giovani a fianco di una lenta, ma costante, rimessa in causa della figura dell’insegnante, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale, sia da quello dell’essenza del suo mestiere, della sua professione”.

La trasmissione del sapere è morta

Professione che ormai è tutto tranne che trasmissione del sapere. Che per certi pedagogisti alla moda sa di fascismo e riforma Gentile. Il docente, definito ormai, anche in documenti ufficiali, come veicolatore, tutor, facilitatore, operatore didattico. Dovrebbe diventare «un mix di animatore, assistente sociale o psicologico, elaboratore di progetti a sfondo genericamente educativo». La storia insegna però che togliere sacralità alla scuola ha portato ad annulare  l’autorevolezza e rispettabilità che il docente ha sempre avuto.

I prof contro le esternazioni del ministro Bianchi

L’appello contesta alcune esternazioni del ministro circa la «essenzializzazione del curricolo» e la volontà di superare la «rigida divisione disciplinare». Espressioni che, in effetti, non promettono nulla di buono. Ma il problema non è Bianchi, ma la linea costantemente ribadita contro la scuola tradizionale e in nome di una scuola che non insegni, non trasmetta, non infonda cultura. Non solo, scrivono i promotori dell’appello, «si assiste a uno svuotamento di contenuti rispetto ai precedenti Programmi nazionali». Ma in nome dell’unitarietà del sapere, si cancella il “percorso organico, metodico, graduale, in grado di fornire veramente alle nuove generazioni gli strumenti per stabilire un libero rapporto con la cultura”.

Gli errori da Berlinguer a Renzi

Non si salva nessuno, dalla riforma Berlinguer alla micro riforma Renzi è stato un progressivo svuotamenti. Il “pensiero critico” di cui si straparla, «senza l’istruzione è un vuoto slogan che copre l’indottrinamento verso la “critica” incanalata». Davanti all’abbandono scolastico, al neo-analfabetismo, all’appiattimento verso il basso, alla maleducazione tollerata e promossa, “diciamo insieme stop a questo processo distruttivo!.

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