Sciopero dei buoni pasto: le associazioni di categoria chiedono una modifica delle gare di appalto
Sciopero dei buoni pasto per domani 15 giugno, quando non verranno accettati nei bar, ristoranti, alimentari, supermercati e ipermercati aderenti alle principali associazioni di categoria della distribuzione e del commercio.
Federdistribuzione: azione drastica per salvaguardare il servizio
Lo ricorda Federdistribuzione in una nota, sottolineando che si tratta di “un’azione drastica”(comunicata ai consumatori a mezzo stampa e con affissione di locandine), “resasi necessaria per chiedere con urgenza al Governo una riforma radicale del sistema dei buoni pasto con l’obiettivo di salvaguardare un servizio importante per milioni di lavoratori e renderlo economicamente sostenibile”.
Fipe-Confcommercio: la stortura è nelle gare pubbliche
Fipe-Confcommercio da anni denuncia un sistema che proprio nelle gare pubbliche mostra le peggiori storture. Lo Stato attraverso Consip si assicura ingenti risparmi che scarica interamente sulla rete dei nostri esercizi.
“Questa tassa occulta che lo Stato scarica direttamente sulle imprese del nostro settore – spiega Aldo Mario Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio – è inaccettabile. Da anni stiamo lavorando per sensibilizzare le istituzioni chiedendo una radicale modifica del sistema che salvaguardi il valore del buono pasto lungo tutta la filiera, ma finora siamo stati inascoltati. L’adesione allo sciopero di 24 ore indetto per domani cresce di ora in ora ed è solo l’inizio di una serie di iniziative che porteranno a non poter spendere più i buoni pasto se non ci sarà una radicale inversione di tendenza già a partire dalla prossima gara Consip del valore di 1,2 miliardi di euro”.
Tre milioni di lavoratori ricevono i buoni pasto
I buoni pasto vengono utilizzati da molti italiani non solo per la ristorazione ma anche per pagare la spesa alimentare. Sono, pertanto, una fonte economica importante per i dipendenti italiani, soprattutto in questo periodo storico in cui i prezzi aumentano a causa dell’inflazione e gli stipendi non crescono. Ad oggi, in Italia, circa 3 milioni di lavoratori ricevono buoni pasto per un valore di circa 3,2 miliardi, un terzo dei quali è assorbito dalla Pubblica amministrazione.
Troppo alte le commissioni di incasso degli esercenti
I buoni pasto rischiano però di non essere più accettati a causa delle alte commissioni di incasso che devono pagare gli esercenti come bar, ristoranti e supermercati. Le commissioni in media, infatti, sono comprese tra il 10% e il 20% del valore del buono: per una spesa di 10 euro, l’esercente ne incassa in pratica solo 8. Se la tendenza degli esercenti a non accettare più i buoni come metodo di pagamento dovesse continuare, (lo sciopero del 15 giugno non fa ben sperare) il rischio per i lavoratori è che si trovino in tasca liquidità difficilmente spendibili.
Per far fronte a questo problema, Altroconsumo propone una modifica legislativa per consentire alle aziende italiane di versare il corrispettivo dei buoni pasto direttamente nelle buste paga dei lavoratori, mantenendo per entrambe le parti le agevolazioni fiscali oggi previste per i buoni pasto. Lo Stato, infatti, concede vantaggi fiscali alle aziende che li acquistano, permettendo loro di dedurre l’intero importo dal totale su cui si pagano Ires e Irap, favorendo così anche il reddito disponibile dei dipendenti.