Per Eni sta per arrivare il conto? Troppi aumenti inspiegabili sia nel passato sia oggi

28 Giu 2022 11:53 - di Redazione

L’Eni, l’antico Ente nazionale idrocarburi, istituito nel 1953 sotto la guida di Enrico Mattei, se la batte con Enel per il fatturato come gruppo industriale italiano. Come Enel, ha numerosissime partecipazioni in tutto il mondo. E’ controllata per circa il 30 per cento dallo Stato italiano. Il “cane a sei zampe”, da un’idea di Enrico Mattei, è presente in ben 69 Paesi e ha oltre 32mila dipendenti. Il presidente è Lucia Calvosa e l’amministratore delegato Claudio Descalzi. Nel 2021 ha fatturato 77.7 miliardi di euro con un guadagno di ben 5,8 miliardi.

Eni e la logica della nuova tassa

Eppure neanche a Eni, malgrado questi guadagni, piace la tassa sugli extra profitti sulle aziende petrolifere italiane. La logica della nuova tassa, che vuole tassare in modo sostanziale e non più simbolico gli extra profitti dei giganti dell’energia, non piace molto all’Eni, che rifiuta di considerare che lo Stato italiano, e in genere molti Stati europei, ha finalmente deciso, complici una serie di fattori, di dire basta ai regali a società – come Eni e anche Enel – le cui politiche di gestione sono improntate al guadagno compulsivo. Che vuol dire? Che anche nei periodi in cui il petrolio ha avuto costi bassissimi, questo non si è mai tradotto in risparmi per gli automobilisti o le imprese del trasporti. E questo è scandaloso, considerando che i maxi guadagni tassati, soprattutto in questo momento storico, sono un’opera di pura e semplice responsabilità sociale. A maggior ragione considerando che Eni è di proprietà dello Stato italiano e che quindi dovrebbe – cosa che non ha mai fatto – rispondere agli italiani.

Gli investimenti nella transizione energetica

Ma Eni e le altre associazioni di categoria dell’industria petrolifera sono riottosi, adducendo come scusa – perché tale è – che le società energetiche devono invece accelerare gli investimenti nella transizione energetica, e che le tasse inaspettate – la cuccagna non può durare sempre – rischiano di rallentare gli investimenti futuri. Speriamo che il ritornello non attacchi, perché proprio in queste settimane stiamo notando che le compagnie petrolifere, malgrado i pretesi provvedimenti del governo per limitare il prezzi alla pompa, stanno premendo sull’acceleratore dei prezzi, in un vero e proprio cartello che non risparmia neanche le cosiddette “pompe bianche”. Il risultato è un aumento abnorme che non trova spiegazioni in nessuna maniera, se non in quella politica di gestione per lucrare a qualunque costo di cui dicevamo prima.

La scelta di Gazprom

Per i prossimi aumenti probabilmente Eni racconterà che la Russia senza preavviso ha tagliato del 50 per cento la fornitura di gas, che è passata dai 63 milioni di metri cubi al giorno a circa 32, o 33. Lo stesso Descalzi si è trovato spiazzato di fronte a questa scelta di Gazprom ( anche se possiamo dire che lo si poteva aspettare dopo il sesto pacchetto di sanzioni) e attualmente non è in grado di dire se vi saranno altre variazioni nel prossimo periodo. Descalzi, pur dicendosi piuttosto ottimista, ha promesso che si ricorrerà quanto più possibile allo stoccaggio, dicendo però anche cose piuttosto rassicuranti ma altrettanto fumose, circa futuri accordi con altri Paesi per la fornitura del gas. L’unico affidabile è quello algerino ma sappiamo tutti – così ci hanno detto in passato gli “esperti” – che non basta davvero a sopperire alla carenza di quello russo, se e quando Gazprom decidesse di tagliarcelo del tutto.

L’ostilità di pagare le tasse da parte delle società energetiche

Comunque, in attesa che compiano il miracolo della diversificazione, è chiaro che la guerra potrebbe durare anni, e che gli extraprofitti vanno avanti da parecchio tempo, per cui Eni dovrebbe restituirceli tutti, non solo quelli di adesso.  Certo, la faccenda si fa complicata. Ma il punto è che non si capisce perché Eni e altre società debbano porsi in un atteggiamento ostile verso chi le controlla, verso il loro proprietario, oltre che verso gli italiani. Si aggiunge poi il sospetto, ventilato anche da fonti autorevoli, di cartelli o accordi sottobanco al mercato di Amsterdam, sui quali sono state presentate denunce da persone ben più competenti di noi e della stragrande maggioranza dei cittadini…  Cittadini i quali non riescono a trovare una spiegazione a questa ostilità di pagare le tasse da parte delle società energetiche sui profitti mostruosi che esse hanno realizzato certo legittimamente ma certo in modo non comprensibile all’uomo della strada.

Eni, le parole del ministro Cingolani

Dopo aver appena accennato al fatto che Eni è uno dei grandi inquinatori ambientali, concludiamo con le parole del nostro ministro Cingolani sull’argomento: “Se c’è stata una truffa vuol dire che ci sono stati i truffati e i truffatori. E in attesa di capire chi sono stati i truffatori possiamo essere certi che i truffati sono stati i cittadini italiani. Costoro, che hanno pagato bollette spropositate e carburanti carissimi, devono essere risarciti. In ogni caso – ha concluso Cingolani – lasciare che i prezzi di un bene così essenziale per l’economia come il gas, da cui dipende il prezzo dell’energia elettrica, siano determinati da un mercato così opaco, è una responsabilità agghiacciante”.

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