Palermo, Tajani: «In una lista del Pd c’è il figlio di un boss, sono garantista ma se si parla di relazioni…»

10 Giu 2022 11:47 - di Paolo Sturaro
tajani

«In una lista del Pd c’è il figlio di un boss che sta in carcere. Io sono un garantista. Naturalmente, non ha nessuna colpa. Ma se si vuole parlare di relazioni, allora, parliamo anche di questo». Lo ha detto il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani. Ha risposto così a una domanda, ad Agorà, sul caso dell’arresto di un candidato di Fi a consigliere comunale, a Palermo.

Tajani: «A Palermo Forza Italia è parte lesa»

«Purtroppo», spiega Tajani, «sono cose che capitano. Quando si accettano le candidature e si presentano i certificati, i partiti non sanno se un candidato potrà poi commettere qualche reato durante la campagna elettorale. Su quanto accaduto a Palermo – entra nel merito Tajani -, Forza Italia è parte lesa. Perché Polizzi, che peraltro non conosco, è un candidato tra i tanti, che ha avuto contatti durante la campagna elettorale con quelle persone con cui invece noi non abbiamo nulla a che fare».

Il passaggio sul salario minimo

Poi un passaggio sul salario minimo. «Credo che un salario minimo per legge non sia la soluzione. Un salario invece che sia frutto di una contrattazione tra sindacati e datore di lavoro è uno stipendio che può essere più ricco di quello che viene fissato per legge. Ha ragione Brunetta: non si tratta di tutelare solo chi è sottopagato, quello va fatto, si possono applicare i contratti nazionali anche con un decreto del governo ai sottopagati, ma serve una contrattazione nazionale perché a noi interessano 22 milioni di lavoratori».

Polizzi si ritira dalla competizione elettorale

«Mi ritiro dalla competizione elettorale», ha intanto annunciato lo stesso Polizzi nel corso dell’interrogatorio di garanzia. «Non sono più in corsa, nell’ipotesi remota di una elezione non accetterei». Iinsieme al costruttore Agostino Sansone è accusato di scambio elettorale politico-mafioso. Davanti al giudice, entrambi gli indagati hanno negato l’esistenza del patto elettorale illecito- E hanno sostenuto che la trascrizione dell’intercettazione che li ha fatti finire in carcere non sia del tutto fedele al contenuto della conversazione.

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