Giovane archeologo racconta ad Agorà: “Mi pagano 6 euro l’ora”. E viene licenziato dalla coop

15 Giu 2022 19:56 - di Alessandra Danieli

Paga per aver detto la verità sui compensi ricevuti dalla cooperativa per cui lavora. È stato licenziato Nicolò Daviddi, il giovane archeologo, colpevole di aver raccontato in tv di guadagnare meno di una colf. “La mia paga arriva a 6 euro netti l’ora. Il mio lavoro consiste nel tutelare i beni archeologici che possono essere rinvenuti durante i lavori di edilizia stradale. Lavoriamo come partite Iva e quindi non abbiamo alcun bonus del lavoro autonomo”. È la testimonianza dell’archeologo fiorentino intervistato ad Agorà Estate sulla Rai 3. Nell’ambito di una servizio sulle condizioni lavorative dei giovani archeologi italiani. “Noi veniamo richiesti dalla sovrintendenza alle cooperative e veniamo retribuiti a giornata. La ditta corrisponde alla cooperativa tra i 180 e i 260 euro lordi ma a noi entrano “in tasca” tra i 60 e i 110 euro lordi”.

Il giovane archeologo Nicolò Daviddi si racconta ad Agorà

“Però – continua – abbiamo tutti malus della partita Iva: non abbiamo Tfr, non abbiamo ferie pagate, non abbiamo malattia. E  non possiamo accedere agli ammortizzatori sociali”. Sei euro ora, un’indecenza. Il servizio giornalistico continua raccontando del piccolo esercito di lavoratori laureati di musei e siti archeologici italiani costretti a lavorare con uno stipendio bassissimo. Privi di qualsiasi tutela sindacale. La sua responsabilità non è certo poca: nel caso di rinvenimento di qualche reperto, è quella di fermare i lavori. E procedere alla identificazione.

Dopo la condivisione del servizio tv viene licenziato

Ma c’è un ulteriore notizia che lo riguarda. Dopo la messa in onda del filmato, pubblicato sui social,  Niccolò è stato licenziato dalla società che lo ha ‘assunto’. Della quale peraltro nell’intervista televisiva si guarda bene dal fare il nome. È sempre lui a denunciare ‘la vendetta’ dei datori di lavoro. “Ho perso il lavoro. Naturalmente non licenziato in senso tecnico. Dato che lavoro a partita Iva, neppure quell’onore posso permettermi”. La denuncia è stata ripresa dall’associazione “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”

“Ieri sera, poche ore dopo che il servizio era stato condiviso in un grosso gruppo Facebook di archeologi, sono stato rimosso (senza alcuna comunicazione) dalla chat whatsapp. Nella quale la cooperativa assegnava le commissioni per i vari cantieri. Quindi, ho perso il lavoro. Mi sembra giusto raccontarlo, perché è segno di dove siamo adesso: siamo ricattabili e ricattati”. Questa, verrebbe da dire, è l’etica di certe cooperative sociali. Prima di allora non aveva raccontato nulla su quella cooperativa, spiega. “Avevo parlato di un sistema che non va: compensi orari medi intorno ai 6 euro/h, obbligo di aprire la partita Iva per lavorare, lavoro “da libero professionista” che in realtà si configura come lavoro para-dipendente senza diritti. Una cosa che qualsiasi archeologo romano, ma vorrei dire italiano, sa. A quanto pare però si può sapere, si può fare, ma non si può dire”.

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