Dalle scatolette di tonno alle poltrone, Di Maio e gli scissionisti hanno la memoria corta

22 Giu 2022 16:42 - di Fabio Roscani

Di Maio e gli scissionisti fanno nascere Insieme per il Futuro. Il Movimento 5 Stelle, complice anche il terribile risultato delle amministrative, continua a perdere pezzi. Ormai non si contano più i parlamentari che decidono di andarsene dal partito pentastellato.

Di Maio, gli scissionisti e il Movimento 5 Stelle

Questa volta però non si tratta di un semplice parlamentare in rotta con la linea di Conte. Sono ben 50 i deputati e 11 i senatori coloro che hanno deciso di abbandonare l’M5s in favore della nuova formazione guidata da Luigi Di Maio. Le frizioni tra Di Maio e Conte, infatti, da semplici visioni differenti sono diventate litigi. E i litigi hanno portato a un conflitto vero e proprio che ha reso impossibile vedere i due insieme nello stesso partito.

Certo viene da dire: Quoque tu, Gigino? Anche tu Gigino? Tu che per una vita ti sei battuto per il vincolo di mandato. Era l’11 gennaio 2017 e il ministro degli Esteri, all’epoca non ancora leader dei grillini ma che lo sarebbe diventato a breve, citava su Facebook l’articolo 160 della Costituzione del Portogallo: “Perdono il mandato i deputati che si iscrivono a un partito diverso da quello per cui sono stati eletti”. Il motivo di quel post era molto semplice: dal 2013, ossia da quando i pentastellati erano entrati per la prima volta in parlamento, avevano perso circa 40 persone tra deputati e senatori. Per questo era necessario ribadire un concetto da sempre sacro ai grillini: “se non si più d’accordo con il partito, ti dimetti e torni a casa”. Perché, citando ancora testualmente le parole dell’ex 5 stelle: “Chi cambia casacca, tenendosi la poltrona, dimostra di tenere a cuore solo il proprio status, il proprio stipendio e la propria carica”.

La paura di perdere la poltrona

Come cambiano le cose. A quanto lo spettro di tornare a vendere bibite al San Paolo o l’impossibilità di riuscire a pagare il mutuo di case comprate senza la possibilità di farlo davvero deve essere stato più forte di qualsiasi altro slancio ideale. Inoltre, non va dimenticato che una questione molto calda all’interno del Movimento 5 Stelle è proprio l’abrogazione del limite del doppio mandato. Di Maio non avrebbe per regolamento alcuna possibilità essere rieletto. Trascinatore contro il deep state e l’establishment, rivoluzionario scardinatore di scatolette di tonno, ora erge il Presidente Draghi a salvatore della Patria ed è pronto a giurargli fedeltà eterna. Aveva ragione Rino Gaetano quando cantava: “Nascono tutti incendiari e fieri e quando arrivano sono tutti pompieri”.

Finisce così la storia dei pentastellati: volevano abbattere la povertà, hanno fatto scomparire il loro partito.

Chi gongola al momento è Alessandro Di Battista. Dall’alto della sua presunta superiorità morale e politica, attraverso il suo profilo Facebook ne ha per tutti. Se i 5 Stelle e tutti coloro che si sono scissi dalla casa madre oggi rischiano di scomparire è perché, dal suo punto di vista, hanno accettato di entrare a far parte di quello che chiama “il governo dell’assembramento”. Per questo, oltre a chiedersi come “diavolo fate a stare ancora lì dentro?” eclissa Di Maio definendo il suo gesto un “ignobile tradimento”. C’eravamo tanto amati.

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