Vaiolo delle scimmie, l’esperta Oms: “Non è necessaria una vaccinazione di massa né la quarantena”

27 Mag 2022 19:56 - di Paolo Lami

L’esperta dell’Oms, Rosamund Lewis, responsabile Smallpox Secretariat, programma Oms per le emergenze, frena sugli allarmismi per il vaiolo delle scimmie. E sul vaccino avverte: “Non c’è bisogno di vaccinazione di massa, non c’è bisogno di grandi campagne di immunizzazione” per quanto riguarda il vaiolo delle scimmie.

Semmai il vaccino “si può valutare per chi può essere più a rischio come sanitari e personale laboratori, ma contact tracing e isolamento restano prima arma di contenimento”.

Quello che è stato consigliato finora è che “non c’è bisogno di vaccinazione di massa, non c’è bisogno di grandi campagne di immunizzazione” per quanto riguarda il vaiolo delle scimmie, puntualizza la Lewis, durante un technical briefing sul focolaio di monkeypox in corso in più Paesi, che si sta tenendo alla 75esimai World Health Assembly.

“La trasmissione primaria è da contatti molto stretti, contatti pelle a pelle, faccia a faccia – ha sottolineato Rosamund Lewis – Perciò il contact tracing, le indagini e gli isolamenti rimangono la modalità primaria per controllare” la diffusione del virus del vaiolo delle scimmie.

Per quanto riguarda la vaccinazione di gruppi target, l’esperta ha ricordato che è stata prodotta una guida nel 2013, in base alla quale, ha spiegato Lewis, a fini preventivi è possibile considerare questi prodotti per l’immunizzazione per le persone che sono a rischio da un punto di vista occupazionale, e questa fattispecie include per esempio personale di laboratorio e personale sanitario.

“Per quanto riguarda la quarantena dei contatti dei casi di vaiolo delle scimmie – osserva l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud Italia della Fondazione per la medicina personalizzata, sentito dall’Adnkronos Salute – il riferimento all’era medioevale lo ritengo corretto, certamente forte e però efficace a significare un allarme che, oltra a rischiare di diventare socialmente riprovevole (e qui il Medioevo ci sta tutto), a me continua ad apparire francamente sopra le righe non solo per i numeri oggettivamente esigui, e tuttavia sicuramente inidonei ad autorizzare pensieri correlabili ad un qualche ’tilt’ dei sistemi sanitari, ma anche e soprattutto per le modalità di trasmissione dell’eventuale contagio, affidato molto più a fluidi biologici che non ai temuti aerosol“.

“Quindi, alla fine, chi dovremmo quarantenare nel caso del monkeypox? Non potrebbe essere sufficiente suggerire al soggetto che è entrato più o meno intimamente in contatto con un malato riconosciuto di sottoporsi ad indagini a sua volta e, nel frattempo, di evitare di avere contatti stretti con altre persone?”, si domanda Minelli.

“Cosa decisamente diversa, come le cronache degli scorsi mesi hanno chiaramente dimostrato – precisa – è l’isolamento precauzionale per patologie sostenute da un agente infettante ad alto impatto infettivo, del quale non possiamo aver oscurato la memoria”.

“Inoltre, a proposito del vaiolo della scimmia, io ora piuttosto mi concentrerei sui rilievi microbiologici per verificare la funzionalità degli attuali vaccini disponibili – avverte l’immunologo – Perché se c’è un vaccino efficace, allora tutte le misure alternative diventano secondarie ed anche l’allarme sociale sarà destinato a calare d’intensità. Come mi auguro”.

Dal 13 maggio 2022, sono stati segnalati casi di vaiolo delle scimmie (monkeypox) provenienti da 19 Paesi non endemici per il virus.

Come chiarisce la dottoressa Silvia Ussai, si definiscono endemici quei paesi in cui la malattia si considera già caratteristica. In questo caso sono: Benin, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Ghana (dove è stata identificata solo negli animali), Costa d’Avorio, Liberia, Nigeria, Repubblica del Congo, Sierra Leone e Sud Sudan.

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