Giornalista uccisa, i palestinesi rifiutano di consegnare il proiettile agli israeliani. L’Onu: indagine indipendente
I palestinesi rifiutano di consegnare a Israele, che lo ha chiesto dicendo di volerlo esaminare, il proiettile che ieri a Jenin, in Cisgiordania, ha ucciso Shireen Abu Akleh, la giornalista palestinese del canale satellitare al-Jazeera che stava lavorando durante un blitz delle forze armate israeliane. E ribadiscono il ‘no’ alle richieste di Israele di indagini congiunte sulla morte della giornalista di al-Jazeera, che aveva anche il passaporto Usa confermando di non voler consentire a Israele di esaminare il proiettile.
“Israele ha chiesto un’indagine congiunta e la consegna del proiettile che ha ucciso la giornalista Shireen. Abbiamo rifiutato e detto che la nostra indagine sarà portata avanti in modo indipendente“, ha twittato questa mattina il ministro palestinese Hussein al-Sheikh, dopo le notizie diffuse dei media israeliani secondo cui il calibro del proiettile estratto durante l’autopsia a Nablus è compatibile sia con le armi in dotazione alle Idf che con quelle dei miliziani palestinesi.
Al-Sheikh assicura che “la famiglia, gli Usa, il Qatar, tutte le autorità ufficiali e l’opinione pubblica verranno informati dei risultati delle indagini con un alto livello di trasparenza“.
“Tutti gli indicatori, le prove e i testimoni – conclude il ministro palestinese – confermano la sua uccisione da parte delle unità speciali israeliane“.
Shireen Abu Akleh che era insieme ad un collega, Ali Samudi, anche lui colpito ma ferito, stava seguendo per al-Jazeera il blitz delle forze armate israeliane che erano alla ricerca dei responsabili di alcuni attentati che c’erano stati nelle scorse settimane, quando è stata raggiunta da un colpo in testa che l’ha ferita mortalmente.
Portata in ospedale, è però deceduta. Secondo le testimonianze Shireen Abu Akleh che indossava, così come il collega Ali Samudi, un giubbotto antiproiettile blu con la scritta ben visibile, “Press”, è stata uccisa con un colpo in faccia. Un’uccisione intenzionale secondo il canale satellitare al-Jazeera che ieri, ha rilasciato un durissimo comunicato.
Shireen Abu Akleh che lavorava per al-Jazeera dal 1997 era considerata la voce dei palestinesi.
Il suo omicidio “a sangue freddo”, così lo ha definito al-Jazeera ha provocato un’ondata di sdegno.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto un’indagine “indipendente e trasparente” sulla morte di Shireen Abu Akleh.
Il vice portavoce del segretario generale dell’Onu, Farhan Haq, ha sottolineato che Guterres è “inorridito” dalla morte di Shireen Abu Akleh e ha inviato le sue condoglianze alla famiglia della giornalista, augurando una pronta guarigione al collega Ali Samudi, ferito durante lo stesso incidente.
Pertanto, ha chiesto alle autorità di garantire che i colpevoli “siano chiamati a rispondere delle loro responsabilità“.
“Il segretario generale condanna tutti gli attacchi e le uccisioni di giornalisti e sottolinea che i giornalisti non devono mai essere oggetto di violenze“, ha affermato, secondo una dichiarazione pubblicata sul sito web dell’organismo internazionale.
“Gli operatori dei media devono poter svolgere il loro lavoro liberamente e senza essere molestati, intimiditi o temendo di essere presi di mira. Il Segretario Generale ribadisce la sua ferma convinzione che una stampa libera sia essenziale per la pace, la giustizia, lo sviluppo sostenibile e i diritti umani“.