Decreto Aiuti, l’assistenzialismo del governo premia i nullafacenti a scapito di chi produce
Dopo l’annuncio in pompa magna fatto dal Presidente Draghi durante la conferenza ufficiale di qualche giorno fa, domani andrà in Gazzetta Ufficiale il testo del Decreto Aiuti. Quello che prevede il sostegno di 200 euro una tantum, ovvero erogato una volta sola, a dipendenti, pensionati e autonomi con un reddito fino a 35mila euro lordi. Un intervento da 7,5 miliardi.
Un rapporto costi-benefici che lascia particolarmente perplessi. Mai basiti però quanto la suddivisione dei destinatari della mancia, che ignora le partite iva, a scapito della platea grillina, che già gode del sussidio del reddito di cittadinanza.
La prima versione del decreto non soddisfaceva i 5 stelle. È stata quindi rivista e dopo il secondo Consiglio dei Ministri di giovedì 5 maggio, l’aiuto si è allargato ai titolari del reddito di cittadinanza, oltre che ai lavoratori domestici e a quelli stagionali.
La misura assistenziale che foraggia i nullafacenti non viene minimamente messa in discussione dal governo, anzi, viene ampliata. Solo nella giornata di venerdì abbiamo letto di una truffa da 4 milioni di euro per mano di 140 stranieri che a Cagliari percepivano indebitamente il sussidio. Notizie come queste sono all’ordine del giorno ma vengono totalmente ignorate, alla faccia di tutti quei lavoratori autonomi che si vedono negare pure la mancia simbolica dei 200 euro. Viene da chiedersi come sia possibile che una misura così dannosa e fallimentare non sia reputata tale da chi insiste ad elargirla.
In due anni di pandemia gli autonomi sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto e si continua ad ignorarli, considerati dallo Stato categorie di serie B. Aumenti in busta paga per gli statali perché si dice siano colpiti dall’inflazione.
Quale blasonato banchiere può non considerare che l’inflazione stia coinvolgendo tutti, autonomi compresi? Ci sono figli e figliastri e le categorie produttive fanno parte della seconda stirpe. Il messaggio che viene dato è inquietante.
l’Italia premia chi non lavora e punisce chi produce. Un Paese che punta sull’assistenza non sarà mai competitivo.
Se i milioni di truffe del reddito venissero impiegate in politiche attive sul lavoro, corsi di formazione per i giovani e sgravi fiscali per le aziende, forse si tornerebbe a correre. Invece siamo fermi al palo, capaci solo, di questo passo, di lasciare in eredità ai nostri ragazzi solo un grande debito e nessuna prospettiva.