Ndrangheta, per la Dia è la mafia più potente: leader mondiale nel narcotraffico

7 Apr 2022 13:06 - di Roberto Frulli

È leader nel narcotraffico, allaccia relazioni con imprenditori ed enti locali, punta a corrompere più che a imporsi con la violenza bruta ed ha risalito l’Italia fino in Val d’Aosta: eccolo il ritratto, stilato dalla Dia nella sua consueta relazione semestrale, della mafia più potente che, dall’Italia, allunga i suoi tentacoli verso l’estero. E, appunto, si è ritagliata un ruolo di ‘leadership’ mondiale nell’ambito del narcotraffico.

“Senza abbandonare il ruolo di leader nel traffico internazionale di cocaina” la ’ndrangheta “potrebbe tentare una ulteriore espansione dei propri affari illeciti anche attraverso possibili mutamenti degli equilibri criminali con sodalizi di diversa matrice”, avverte la Dia.

“Le cosche calabresi – evidenzia la relazione con riferimento al primo semestre del 2021 – in una sorta di modello criminale fluido, si presentano sempre più capaci di allacciare relazioni sia con le organizzazioni leader nel narcotraffico, sia con funzionari e rappresentanti degli enti locali, imprenditori e liberi professionisti, la cui collaborazione appare strumentale alla realizzazione degli affari illeciti connessi con l’infiltrazione nell’economia”.

“Nel complesso, la criminalità organizzata italiana si conferma tra i maggiori protagonisti globali che, evidenziando una chiara vocazione economico-imprenditoriale, si è dotata di una struttura organizzativa flessibile, senza recidere l’indissolubile legame storico con il territorio d’origine. – chiarisce la Relazione al Parlamento della Direzione investigativa antimafia. – Questa vocazione transnazionale è maggiormente evidente per la ’Ndrangheta, la quale, proprio in virtù delle relazioni privilegiate instaurate con i produttori di sostanze stupefacenti in America Latina, si è ritagliata un ruolo di ‘leadership’ mondiale nell’ambito del narcotraffico, divenendo una vera e propria ‘holding’ criminale di rilevantissimo spessore internazionale“.

“Analizzando le attività dei clan mafiosi oltre frontiera, è emerso come i sodalizi, pur mantenendo l’antico stereotipo di struttura criminale verticistica basata sul vincolo familiare, hanno profondamente innovato le proprie regole organizzative – secondo la Diariuscendo a cogliere in maniera rapida i vantaggi offerti dal sistema economico internazionale”.

“I vari sodalizi, quando decidono di radicarsi sul territorio estero – rileva la Diapreferiscono ricorrere alla corruzione piuttosto che ricorrere alla violenza proprio per cercare di non attirare troppo su di sé l’attenzione dell’opinione pubblica. Questa strategia è fondamentale per poter agire in maniera indisturbata, infiltrandosi in profondità nel tessuto economico-sociale e riciclando i capitali ottenuti dai proventi delle attività illecite”.

“La ’Ndrangheta, prima fra tutte, è riuscita ad acquisire importanti spazi di manovra radicandosi, in alcuni casi, con veri e propri ‘locali’ nei Paesi esteri”.

Fuori dai confini nazionali, viene sottolineato, “peraltro le mafie italiane preferiscono ricorrere alla corruzione piuttosto che alla violenza per non destare allarme sociale”.

La ’Ndrangheta, sottolinea ancora la relazione, “conferma la propria organizzazione su base territoriale saldamente strutturata su vincoli di parentela con articolazioni consolidate non solo in Calabria, ma anche nel centro e nel nord Italia oltre che in Paesi europei ed extracontinentali. Numerose attività di indagine hanno infatti evidenziato la spiccata autonomia per la gestione degli affari criminali dei ‘locali’ situati nelle regioni settentrionali ma anche all’estero.”.

“Gli affiliati di queste strutture proiettate si attengono comunque alle stesse regole delle cosche calabresi da cui sono originate”. “Questa condivisione delle radici, assieme ad una spiccata vocazione imprenditoriale – conclude – rendono l’organizzazione mafiosa calabrese allo stesso tempo unitaria e dotata di forte capacità espansiva tra l’altro su scala internazionale”.

E in Italia la ‘Ndrangheta ha risalito la penisola arrivando fino in Val d’Aosta.

Già da diverso tempo si ha contezza di ”insediamenti ‘ndranghetisti attivi in Valle d’Aosta atteso che pregresse risultanze investigative davano segnali inequivocabili relativi alla presenza di persone contigue a talune potenti consorterie calabresi quali gli Iamonte, i Facchineri o i Nirta. In tale contesto i gruppi criminali organizzati si sono dimostrati sempre pronti a contaminare i mercati leciti al fine di riciclare gli ingenti capitali di cui dispongono”.

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