Lerner e Vauro sputano veleno su Rampini: regolamento di conti a sinistra. Cosa non gli perdonano

1 Apr 2022 17:59 - di Federica Argento
Rampini Vauro Lerner

Federico Rampini è stato “massacrato” in questi giorni dal ‘fuoco amico’, o presunto tale. I giornalisti di sinistra sono vendicativi se uno di loro si attesta su posizioni diloganti, non piegate al politicamente corretto. Capita così che sull’editorialista del Corriere della Sera, in passato di Repubblica – siano piovuti strali velenosissimi per via delle sue opinioni espresse nei talk show politici che in questi giorni sono sintonizzati sulla sciagurata invasione dell’Ucraina. A molti a sinistra non va giù “la linea durissima da lui assunta contro Putin e i suoi ventriloqui. “Ma sullo sfondo s’ intravede qualcosa di più: un regolamento di conti parecchio vendicativo contro le posizioni di Rampini sui totem tradizionali della sinistra da cui proviene: dall’immigrazione al politicamente corretto fino al globalismo suprematista liberal”. Sono le parole di un editoriale di Alessandro Giuli su Libero che mette in fila le “cannonate” sparate contro lo scrittore ed editorialista.

Il veleno di Lerner contro Rampini: “L’Éric Zemmour italiano”

Gad Lerner su Twitter è stato uno dei più velenosi.  «Dategli tempo, a Federico Rampini, che pian pianino poi magari ci diventa l’Éric Zemmour italiano». Il giornalista al veleno, senza spiegare il motivo, ha con totale disinvoltura accostato il candidato all’Eliseo dell’ultradestra a Rampini: certo non accostabile nemmeno per sbaglio al campo sovranista; ma evidentemente dà fastidio la sua onestà intelletttuale che lo porta a ragionare senza schematismi cari al mainstream corrente. E per questo è apprezzato e conteso in tutti i programmi tv.

Rampini contro Tarquinio

Cannonata numero 2. Rampini e  Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, (“un intoccabile”, scrive Giuli) hanno fatto scintille. L’esperto e corrispondente dagli USA  ha fatto notare che le sue critiche alle sanzioni economiche che «non fanno meno male dei bombardamenti e non piegano i regimi, ma piegano i popoli» portano acqua al mulino di Putin; e rendono chi se ne faccia latore un collaborazionista di fatto. Rampini è esploso: «Ma sta scherzando? Ha messo sullo stesso piano le sanzioni economiche e i bombardamenti? Questa è un’offesa vergognosa alle madri dei bambini uccisi». Tarquinio ha, quindi, fatto la vittima sui social, accusando il giornalista.

La vignetta di Vauro contro Rampini

Non poteva mancare una velenosa  vignetta in cui Vauro rappresentava sul giornale di Marco Travaglio un Rampini armato fino ai denti e soprannominato “Rambini”. Al plotone d’esecuzione contro Rampini si è unito sia pure con spirito e ironia, alla sua maniera, Dagospia, che ha scritto:  «La metamorfosi di Federico Rampini. Da “Occupy Wall Street” alla condanna di Black Lives Matter». Il sito di Dagostino ha vergato il suo appunto dopo la performance di Rampini da Nicola Porro a Quarta Repubblica;  “e ha quindi stilato un campionario delle sue ultime opinioni più indigeste al conformismo sinistroide”:  «Ma quello vero è il Rampini 1 o il Rampini 2? Tutto cambiato, salvo le bretelle».

Cosa i sinistri non perdonano a Rampini

Bisogna dire che quanto a livore i sinistri non sono secondi a nessuno quando si tratta di bersagliare chi da sinistra osi attestarsi su posizioni critiche.Chi usa il dialogo e il confronto o peggio ancora l’autocritica diventa uno da scomunicare e da mettere alla berlina. Dal fronte progressista non perdonano a Rampini un libro “La notte della sinistra“, Mondadori. La critica, la diagnosi, la demolizione dei luoghi comuni su immigrazione e sicurezza sono tanto più credibili se analizzati da un uomo di sinistra. Che ha il prego della sincerità, oltre a un’ altra dote preziosa: non offende l’avversario e soprattutto non tratta da trogloditi gli elettori che non votano come vorrebbe la sinistra. Tanto basta per renderlo inviso. Ancora: Lerner, Vauro e le firme del “Fatto” non gli perdonano “di aver capito prima degli altri che Donald Trump stava intercettando il consenso dei forgotten men – rileva Giuli -. Abbandonati dalla ricca élite democratica; adesso il copione si ripete di fronte all’allarme in difesa di un Occidente imbelle e ipocrita assediato dal dispotismo asiatico”.

Il coraggio di fare a pezzi il politicamente corretto

Ricordiamo, inoltre, quando Rampini fece a pezzi il politicamente corretto  sul fenomeno Black Lives Matter. E a chiare lettere disse – era l’epoca degli Europei e il mainstream imponeva di inginocchiarsi prima di ogni partita: «Io sull’inginocchiamento sono molto, molto perplesso…». «Il bilancio negli Usa di questa stagione di gloria di BLM –  sottolineò – è molto più controverso di quanto crediate. Bisogna diffidare della tendenza a trasformare delle celebrity milionarie dello sport o dello spettacolo in nuove guide morali o politiche».

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