L’economista Fitoussi: «Da Macron troppi errori, non ha fatto campagna elettorale per paura dei fischi»
Non perché, da presidente uscente, pensava che non fosse poi così necessario, ma perché «sarebbe stato fischiato nei territori, perché li ha abbandonati». L’economista francese Jean-Paul Fitoussi, già docente a Sciences Po e oggi alla Luiss, spiega così l’assenza di Emmanuel Macron dalla piazza durante la campagna elettorale. Del resto, chiarisce, «si può dire che ha sbagliato tutto», a partire dallo smantellamento dello stato sociale.
Fitoussi: «Macron ha dato l’impressione di disprezzare la gente»
«Ha cominciato dando l’impressione di disprezzare la gente. Ha diminuito l’aiuto all’alloggio (Apl) di 5 euro a settimana nei primi mesi di mandato; non uno scherzo per i più poveri. Poi, nel 2018, ha fatto una riforma ultra-liberale della Snfc, il sistema delle ferrovie, mettendo quasi tutti i francesi contro di lui», ha ricordato Fitoussi, intervistato dal Giornale. C’è stata poi la riforma delle pensioni, portata avanti senza confronto, e rinviata solo per via del Covid, ma in un contesto in cui «da cinque anni almeno, ogni anno le pensioni si abbassano. E con l’inflazione al 5% sarà ancora più terribile».
Dalle pensioni ai sussidi: «La gente è scoraggiata»
Quanto alla disoccupazione, poi, per Fitoussi se è scesa non è merito di Macron, ma il frutto di «un miracolo», mentre il presidente «dopo il Covid ha fatto una riforma liberale di aiuto ai disoccupati, tagliando l’indennità di disoccupazione e dando loro sostanzialmente dei pigroni mettendo limitazioni alla ricerca di lavoro». «Adesso hanno diritto a rifiutare un solo posto, prima erano due», ha spiegato l’economista, ricordando che «il caso emblematico del suo approccio ruvido è stata la discussione con un giovane giardiniere disoccupato che lamentava di non trovare un posto nonostante fosse qualificato». «Il presidente gli disse che bastava attraversare la strada per essere assunto in un ristorante. La gente è scoraggiata», ha commentato.
Il suo atto migliore? «Chiedere scusa, ma non basta»
Bene, invece, sul fronte dei aiuti alle imprese durante il Covid, dove Macron «ha creato nuove forme di contratti evitando che le aziende sparissero, dando sussidi, ma – ha sottolineato Fitoussi – come hanno fatto tutti i Paesi, in Germania come poi in Italia e anche in America». Il «più bell’atto» compiuto da Macron, però, per Fitoussi resta il fatto che abbia chiesto scusa ai francesi, sebbene non basti: «Ciò che non ha fatto è dire “avrei dovuto condurre altre politiche”». Cosa che Macron dovrebbe premurarsi di fare in vista del ballottaggio, «ma ha cominciato male». «Il solo annuncio di cambiamento è stato sull’età pensionabile da 62 a 65 anni da attuare nel mandato a venire. Non è uno scandalo dire che bisogna lavorare più a lungo, il problema – ha detto Fitoussi – è che non ci sono posti di lavoro».
Politiche sociale e fiscale in cima ai «disastri» di Macron
«Può dire pure che il programma duri vent’anni, ma è una scusa. Bisogna almeno dimostrare un inizio di riforma importante. Qui non abbiamo niente da mostrare, la politica sociale è stata un disastro, quella fiscale idem», ha incalzato ancora l’economista, parlando della ridefinizione del programma del presidente sulla durata dei 10 anni, rispetto alla quale c’è anche un problema di approccio. Perché «il problema è risolvere i problemi dove sono. E cioè negli Stati, in Francia. Ci sono problemi che la stessa Europa non vuol risolvere. La realtà è nei Paesi, non a Bruxelles. La lotta all’inquinamento, la carbon tax, per esempio, Macron ha provato a farla senza immaginare che avrebbe toccato solo i meno abbienti e chi ha bisogno dell’auto per spostarsi. Il risultato è stato un anno di gilet gialli».
La necessità di recuperare sovranità nei settori strategici
Dunque, ha chiesto Francesco De Remigis che firma l’intervista, «Macron si è accorto che una certa ricetta sovranista non fosse poi così sbagliata?». «Avevano ragione, ci siamo accorti che in Europa siamo dipendenti dal gas russo. Abbiamo lasciato perdere l’industria dell’energia credendo alla globalizzazione e abbandonato l’industria farmaceutica in mani cinesi. Questa rinuncia a elementi forti di sovranità non può continuare. C’è bisogno – ha concluso Fitoussi – di ripattugliare le industrie strategiche. Anche tornando a produrre armi».