La narrazione dell’Anm per sbianchettare Palamara: i magistrati non sono in guerra con nessuno

12 Mar 2022 13:43 - di Paolo Lami
Palamara

L’Associazione Nazionale magistrati, cioè il sindacato delle toghe, tenta di rifarsi una verginità dopo gli scandali di questi anni che hanno infangato la magistratura, demolendone la credibilità e minandone la fiducia dei cittadini, fiducia che ha raggiunto percentuali ridicole.

Il caso Palamara trattato come fosse un caso isolato e dai cui Csm e Anm si sono affrettati a prendere sdegnosamente le distanze è il più recente ma non certo il più eclatante. E, comunque, non il solo. La lista è lunga e imbarazzante. E dimostra che troppo spesso certa magistratura ha fatto politica anche con le sentenze. O cercando questo o quell’appoggio per fare carriera restituendo poi il favore. Non è un mistero, oramai.

Apprezzabile, certo, che si chiuda con il passato, con certi metodi. Ma è necessario fare un minimo di autocritica, non fingere che la vicenda Palamara sia un caso isolato.

Cosi come non si può fingere che non vi sia e non vi sia stata contrapposizione con la politica fino al punto di voler mettere becco sulle leggi cercando di sostituirsi al Parlamento.

“E’ da rifiutare l’idea che ci sia e ci sia stato un conflitto , una contrapposizione che evochi la guerra, realtà tragica che non andrebbe evocata a sproposito – sostiene il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, nella sua relazione di apertura dei lavori del Comitato direttivo centrale. – La magistratura non è in guerra con nessuno, non lo è mai stata, non si impegna in conflitti e scontri, meno che mai con le altre Istituzioni”. Una narrazione che non aiuta certo la magistratura a riavvicinarsi ai cittadini.

No a alla “deriva” alla “restaurazione da antico regime” alla quale “ci opponiamo – continua Santalucia – con la forza delle idee, con la critica argomentata, con l’ostinata convinzione che l’assetto democratico della nostra comunità non possa pagare un prezzo così alto e irragionevole ai propositi di quanti coltivano l’idea di un annoso conflitto tra magistratura e politica, iniziato proprio trent’anni fa, da chiudersi con la sconfitta dei magistrati“.

“La sconfitta non sarebbe infatti dei magistrati ma della giurisdizione, della sua effettività nel quotidiano impegno per la tutela dei diritti e per l’efficacia del controllo di legalità“, sottolinea il presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Che parla di “letture semplificate” e “rappresentazioni alterate, funzionali a narrazioni che non rendono giustizia alla realtà”.

Il sindacalista dei magistrati vede un “futuro di sicuro indebolimento” delle toghe laddove “alcune proposte diventassero legge” vagheggiando “un pericolo per la qualità della nostra democrazia“.

La questione è la riforma della Giustizia che, ammonisce Santalucia, “sotto l’egida di alcune parole d’ordine, quali valutazione della professionalità, regole meritocratiche e principio di responsabilitàcomprime il “ruolo del magistrato” introducendo “una strutturazione gerarchizzata dell’assetto della magistratura, con l’intento di mettere in riga i magistrati” e, addirittura, paventa il sindacalista, intervenendo “sui meccanismi di progressione economica della carriera“.

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