In Ucraina i premier di Repubblica Ceca, Polonia e Slovenia: «Con noi a Kiev c’è l’Europa intera»

15 Mar 2022 19:47 - di Redazione

A Kiev per dare con la loro presenza nella città martoriata dai raid russi il senso di una solidarietà vera e non a chiacchiere. Almeno questo è il messaggio che i primi ministri di Polonia, Slovenia e Repubblica Ceca, giunti poco fa nella capitale ucraina, hanno voluto dare al presidente Volodymyr Zelensky e al mondo intero. Il più loquace dei tre è senza dubbio Mateusz Morawiecki, capo del governo polacco. È lui ad aver annunciato su Fb, con parole nette, l’arrivo a Kiev: «Questa guerra è il risultato del crudele tiranno che attacca civili vulnerabili, bombardando città e ospedali in Ucraina».

Morawiecki, Fiala e Janša sono giunti poco fa

L’obiettivo dei tre premier è fermare «il prima possibile la tragedia che si sta verificando». Ecco perché, si legge ancora nel post di Morawiecki, «insieme al vice primo ministro Jaroslaw Kaczynski, ai primi ministri della Repubblica Ceca Petr Fiala e alla Slovenia Janez Janša, siamo a Kiev». «È qui – ha proseguito il premier polacco -, nella Kiev dilaniata dalla guerra, che si fa la storia. È qui che la libertà combatte contro il mondo della tirannia. È qui che il futuro di tutti noi è in bilico. L’Ue sostiene l’Ucraina che può contare sull’aiuto dei suoi amici: oggi abbiamo portato questo messaggio a Kiev».

«L’Ucraina può contare sul sostegno Ue»

Morawiecki, Fiala e Jansa sono arrivati a Kiev come rappresentanti del Consiglio europeo. Nella nota diramata poco prima della partenza per la capitale ucraina, i tre premier hanno dichiarato che obiettivo della loro missione è incontrare il presidente Zelensky e il primo ministro Denys Chmygal. «Lo scopo della visita – vi si legge, infatti – è confermare l’inequivocabile sostegno dell’intera Unione Europea alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina e presentare un ampio pacchetto di sostegno allo Stato e alla società ucraini». L’iniziativa dei premier di Polonia, Cechia e Slovenia è l’ennesima dimostrazione di quanto ancora forte sia presso i popoli dell’Est Europa l’insofferenza verso Mosca e verso il suo passato comunista e sovietico.

 

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