Il ricordo di Paolo Colli a 17 anni dalla morte. Fondatore di Fare Verde, pioniere dell’ambiente

26 Mar 2022 10:19 - di Gloria Sabatini

Da 17 anni Paolo Colli non è più con noi, morto a Roma il 25 marzo 2005 per una leucemia contratta in Kosovo durante una delle sue tante missioni umanitarie. Causata forse dalle scorie di metallo impoverite delle bombe della Nato.

Paolo Colli: un’assenza che pesa

Un’assenza che pesa. Pesa ai suoi tanti fratelli, ai volontari di Fare Verde, l’associazione che ‘Poldo’ ha fondato nel 1986. Pesa al mondo della destra che ha imparato, tardivamente, ad apprezzare le intuizioni di Colli a tutela dell’ambiente. Pesa agli ambienti di sinistra che hanno trovato un ‘avversario’ leale e allergico alle etiche politiche. Basta farsi una passeggiata virtuale tra i social per capire la statura del personaggio. Foto intime e informali postate su tanti profili e ricordi personali.

Un pioniere dell’ambiente

Paolo era  un pioniere, uno sperimentatore, ma anche un cervellone nascosto dietro quegli occhi azzurri e il sorriso scanzonato. Un “eterno ragazzo”. Ma anche un militante coraggioso, il primo ad arrivare in piazza, l’ultimo ad andarsene fronteggiando compagni e poliziotti anche da solo. Per Colli l’ecologia è un fatto di civiltà e l’ambiente un patrimonio da lasciare intatto a figli e nipoti. La difesa della natura  che fa carta straccia dei verbosi programmi scritti.

Le adozioni a distanza

Paolo, morto a 44 anni il 25 marzo 2005. non è stato soltanto un ambientalista caparbio e sui generis. Vicedirettore dell’Arpa, l’ideatore di campagne diventate storiche come la battaglia per i cotton fioc biodegradabili,  il compostaggio, le energie alternative, i campi anti-incendio nel Lazio, in Campania, in Sicilia. Quando Paolo si arrampicava con i suoi ragazzi, “cialtroni” li chiamava, sopra le vette ferite dai piromani e dalle mafie locali. E poi il volontariato nei Balcani, gli aiuti ai terremotati, agli alluvionati, ai popoli affamati dell’Africa nera, le adozioni a distanza.

Militante. Partecipò alla mobilitazione per la riapertura della sezione di Colle Oppio, chiusa da Giorgio Almirante dopo la strage di Acca Larenzia Anni terribili. Il “bunker” di Colle Oppio viene finalmente restituito ai suoi giovani e in mezzo a quei ragazzini c’era anche lui. Ha vissuto gli interminabili giorni del coma di Paolo Di Nella. Tra i promotori di “Fare fronte per il contropotere studentesco” con il pallino di superare la logica dello scontro degli anni ’70.

L’ecologia come missione

L’ecologia si colloca nel cuore della militanza, vissuta come una missione nella stagione adrenalinica delle sperimentazioni, della metapolitica ispirata anche a Pino Rauti (e agli anziani di via degli Scipioni) e ai fratelli maggiori. Del superamento dell’attivismo, tutto colla e manifesti. Paolo Colli fu scelto “a tavolino” per l’incursione nel mondo green della sinistra egemone. E da allora non si fermò più: il blocco della centrale nucleare di Montalto di Castro. Il sit in davanti a quella di Borgo Sabotino, il trascinamento del Msi verso il no al nucleare al referendum.

Il volontariato internazionale

Sempre in trincea, e la retorica non c’entra. Fino al volontariato  internazionale che lo portò, insieme ai “fareverdini”, nelle zone terremotate, in Nigeria, in Kosovo. Al cui viaggio si deve  la ragione della morte dovuta a una leucemia fulminante. Che Paolo in giro per il mondo non aveva tempo per curare. “Sì il trapianto del midollo, lo so. Appena posso lo faccio”. Furono le ultime parole che mi disse a pochi mesi dalla morte. Mi coinvolse nella direzione del bimestrale in carta riciclata dell’associazione xFare+Verde. “Ci serve un direttore responsabile, sei l’unica pubblicista”.

La battaglia per Tor Marancia

A Paolo è intitolata un viale a Roma, nel parco di Tor Marancia. Un tributo a chi ha combattuto per la sacralità dell’ambiente. Aveva intuito già trent’anni fa che la terra non ha energie e risorse infinite. E che il suo destino dipende anche da noi. Per questo fu tra i principali sostenitori nella difesa integrale dell’area verde nel Parco dell’Appia antica dalla colata di cemento voluta dall’allora sindaco Rutelli. Una battaglia vinta documentata dal libro scritto a più mani Esempio Tor Marancia. Su di lui anche un libro Fare verde. La terra e la rugiada edito da Eclettica di Sandro Marano (prefazione di Michele De Feudis, contributo di Alain de Benoist)
Lascia una figlia, che gli somiglia, Chiara, ormai quarantenne. Figlia di Daniela, sua compagna di banco al liceo. Sportiva, impegnata nel sociale, scanzonata. Ironica come il padre. Un’assenza che pesa. Ma che Fare Verde riempie da allora con decine di iniziative ispirata al sogno di un ambientalismo vero. Distante dalla mode e dai proclami elettorali.

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