Il Manifesto per l’Agricoltura di FdI: taglio dell’IVA, contratti di filiera, recupero di terreni e genetica

16 Mar 2022 14:13 - di Paolo Lami

Un Piano per l’agricoltura che rimetta il settore, divenuto strategico, al centro della Nazione in maniera da renderla finalmente indipendente dagli altri Paesi e da cui oggi, invece, l’Italia importa massicciamente. E poi contratti di filiera che non strozzino gli agricoltori come è accaduto troppo spesso finora. E, ancora: recupero dei terreni che l’Europa ha voluto incolti promuovendo irresponsabilmente il cosiddetto set aside e il farm to fork. E, infine, ricerca per aumentare le rese per ettaro, anche attraverso il cosidetto Genoma editing.

Fratelli d’Italia si appresta a presentare il proprio Manifesto per l’Agricoltura divenuta centrale in quella che oggi può definirsi a ragione, purtroppo, un’economia di guerra. Solo ora, con la scarsità dei prodotti, ci si rende conto delle scelte miopi fatte fino ad oggi. Basti pensare che importiamo mais dall’estero per il 55 per cento.

Da dove partire?

“Oggi gli strumenti sono di due tipi – spiega Luca De Carlo, senatore di Fratelli d’Italia e responsabile del Dipartimento Agricoltura di Fdi. – Il primo strumento è emergenziale. E, cioè, dobbiamo, in maniera veloce, sostenere il comparto agricolo nell’immediato.
Dobbiamo metterlo nelle condizioni di coltivare la terra. Cosa vuol dire? Che se i prezzi del gasolio, dell’energia e dei fertilizzanti sono alle stelle, nessuno seminerà in Italia. Parliamoci chiaro. Quindi questo è il primo punto”.

E poi?

“Il secondo punto è che dobbiamo dare modo di lavorare anche quei terreni che la norma vorrebbe non fossero lavorati.

Intende il cosiddetto set aside, la messa a riposo dei terreni per diminuire l’offerta di cereali in un periodo di eccedenze?

“Esattamente. I terreni del set aside, ma non solo. Anche quei terreni della strategia della Commissione Europea detta farm to fork che limita la produzione non spiegando, però, come si alimenteranno miliardi di cittadini del mondo.
Ecco, io penso che bisogna lavorare anche su questo secondo aspetto. Ma non basta. Perché poi bisogna avere un Piano”.

L’Italia non lo ha?

“Mentre noi nicchiamo ancora, la Francia e la Spagna si doteranno di un Piano strategico sull’agricoltura. Noi dobbiamo avere un Piano che dica cosa vogliamo fare nell’agricoltura. O meglio, ancora prima, a monte, dobbiamo decidere: ma l’agricoltura è un settore strategico? Perchè se lo è, dobbiamo intervenire per fare in modo che ci sia una direzione sulle scelte agricole”.

In effetti ora, con questa economia di guerra, tutti stanno scoprendo, improvvisamente, che l’agricoltura può essere considerata un settore strategico

“Appunto. E’ un settore strategico. E allora bisogna diversificare le produzioni. Non è possibile che l’Italia, che è una Nazione ha l’agroalimentare come fiore all’occhiello, che fa 52 miliardi, quest’anno, di export, dipenda direttamente da altri, da pochi Paesi”.
E’ un paradosso, ma l’Italia, che ha una grandissima tradizione di trasformazione, dipenda, per l’85 per cento da olio di semi di altri Paesi. E prende il 55 per cento del mais da altre Nazioni.

Che sono?

L’Ucraina, la Russia e l’Ungheria che la fa più da padrone. E, quindi, bisogna rendersi più indipendenti. Dopodichè, bisogna anche – e questo si fa con i contratti di filieragarantire che chi, oggi, semina il mais, domani che i prezzi si abbasseranno di nuovo, non veda il proprio reddito azzerarsi. Se è una coltivazione strategica, si garantisca un prezzo minimo.
Per cui bisogna fare i contratti di filiera ma con i prezzi di filiera che non penalizzino l’agricoltore a beneficio degli altri attori della filiera.
Ed è qui che bisognerebbe stringere un patto chiaro fra le imprese agroalimentari e gli agricoltori. Ma un patto che non penalizzi gli agricoltori.

Faccio un esempio, parliamo del costo del pane oggi.
Su un chilo di pane che costa, mediamente sui 5 euro al chilo, il costo del cereale è 40 centesimi.
Questo significa che solo il 10 per cento del costo del pane è materia prima. Dov’è il resto? Un po’ di speculazione e tanti costi di energia, di trasporti che adesso incidono in maniera forte.
Per cui l’agricoltore è da tempo in sofferenza rispetto ai prezzi che gli vengono riconosciuti. Oggi ce ne rendiamo conto solo perché vanno in crisi altri attori della catena. Ma l’agricoltura non stava bene neanche prima.
Era schiacciato il reddito degli agricoltori. E tutto il guadagno era spalmato sugli altri attori.

E ora cosa si può fare, dunque?

Nel breve dobbiamo intervenire per dare ossigeno alle imprese. Cosa vuol dire? Vuol dire tagliare l’Iva. Tanto se aumenta il costo, allo Stato entra lo stesso, non perde nulla lo Stato. L’unico che ci rimette è chi la deve pagare.

Recuperando i famosi terreni non coltivati, sotto set aside o farm to fork, quanto si riesce a recuperare di superfici coltivate?

Si guadagnano 200.000 ettari.

E questo può cambiare lo stato delle cose?

Si se entra in gioco anche l’altro aspetto. E, cioè la resa per ettaro. Facciamo due esempi pratici. Il mais in Italia, nel 1984, aveva la stessa resa per ettaro degli Stati Uniti. Oggi siamo indietro.

L’Unione Sovietica subisce, nel ‘63-’64 la prima grande crisi con la quale è costretta ad importare grano dagli Stati Uniti e a svendere le sue risorse auree.
Nell’80 subisce l’embargo da parte dei produttori americani che, per una scelta geopolitica, non gli danno più grano. E l’Urss si dissolve.
Dal 1991 ad oggi le produzioni agricole russe sono aumentate del 50 per cento.
Cosa vuol dire? Che hanno fatto un Piano, che hanno messo l’agricoltura al centro rispetto all’esigenza del Paese. E sono diventati esportatori.

E come si fa ad aumentare le rese per ettaro?

Per centinaia di anni la resa per ettaro è stata uguale. Dopodichè, in Italia, abbiamo cominciato ad investire nel settore agronomo, cito il genetista Nazareno Strampelli e il suo grano Senatore Cappelli. Abbiamo, con Strampelli, fatto ricerca, fatto innovazione. E con la genetica abbiamo migliorato le nostre rese. Si può fare. Dopodichè, non vogliamo fare gli Ogm? Io sono d’accordo. Facciamo tecnica di evoluzione assistita, però. Il Genoma editing, quello non vuol dire mettere insieme i geni di due piante differenti. Vuol dire lavorare, velocizzare e avere lo stesso risultato tagliando, cucendo, cambiando, solo una parte di genetica che, però, c’è sulla pianta. E una cosa che accadrebbe comunque. E quello che viene definito Tea, Tecniche di evoluzione assistita.
Questo consente di velocizzare i cambiamenti e di migliorare problematiche di un tipo di specie ed esaltarne altre. Senza ricorrere a genetica esterna. Tutto all’interno della stessa pianta.

E questo perché non si fa?

Perchè oggi è proibito. Ricordo che anni fa a Viterbo la fecero e furono costretti a bruciare tutto perché la normativa europea li equipara agli Ogm mentre sono due cose differentissime.

Fratelli d’Italia cosa intende fare da questo punto di vista?

Noi faremo un Piano, faremo il nostro “Manifesto per l’Agricoltura“, lo presenteremo a brevissimo. Ci abbiamo lavorato in tanti. E in questo Manifesto metteremo quelle che sono le linee di Fratelli d’Italia per l’agricoltura del futuro. C’è tanta tradizione. Ma anche tanta innovazione.

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