Il dissidente Navalny esorta i connazionali: «Putin non è la Russia, combattiamo contro la guerra»

2 Mar 2022 14:11 - di Sara Gentile
Dissidente russo

«Noi – la Russia – vogliamo essere una nazione di pace. Io vengo dall’Urss. Sono nato in Unione Sovietica. E la frase più importante della mia infanzia era “lotta per la pace”». Con queste parole Alexei Navalny, il dissidente russo incarcerato, si è rivolto ai suoi connazionali, e non solo, con un messaggio volto ad esortarli a scendere in piazza e lottare per affermare i principi della pace. «La Russia una nazione di pace. Purtroppo, pochi ci definiscono così adesso», scrive su Twitter.

Il dissente russo Navalny: «Non voglio restare in silenzio»

«Ma almeno – prosegue – non diventiamo una nazione spaventata e silenziosa. Vigliacchi che sostengono di non vedere la guerra aggressiva scatenata contro l’Ucraina dal nostro zar, evidentemente folle. Non posso, non voglio restare in silenzio, e non lo farò. Non resterò a guardare come un’insensatezza pseudo-storica su fatti risalenti a cento anni fa sia diventata un pretesto per i russi per uccidere gli ucraini e per questi, nel difendersi, uccidere i russi. Siamo negli anni Venti del 21mo secolo e guardiamo le notizie di gente che brucia nei tank e di case bombardate. Sentiamo vere le minacce di guerra nucleare».

«Putin non è la Russia»

«Chiedo a tutti di scendere in strada e lottare per la pace. Putin non è la Russia. E se c’è qualcosa di cui andare fieri in Russia oggi sono quelle 6.824 persone arrestate perché sono scese in piazza con cartelli di “no alla guerra”. Dicono che uno che non va in piazza e non rischia di essere arrestato non può tenere un comizio. Ma io sono già in prigione, quindi penso di poterlo fare. Non potete aspettare un solo giorno. Ovunque voi siate. In Russia, Bielorussia o dall’altra parte del pianeta. Recatevi nella piazza principale delle vostre città tutti i giorni feriali alle 19.00 e alle 14.00 nei fine settimana e nei giorni festivi».

Navalny: «Dobbiamo combattere contro la guerra»

«Dobbiamo, stringendo i denti e superando la paura, uscire allo scoperto e chiedere la fine della guerra. Ogni persona arrestata deve essere sostituita da due nuovi arrivati. Se – per fermare la guerra – dobbiamo riempire prigioni e furgoni della polizia, lo faremo».

E infine: «Tutto ha un prezzo e ora, nella primavera del 2022, questo prezzo lo dobbiamo pagare. Nessun altro. Non dobbiamo “essere contro la guerra”. Dobbiamo “combattere contro la guerra”».

 

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