Nel trentennale di Mani Pulite arriva il rinvio a giudizio di Davigo, il giacobino “amico” di Travaglio

17 Feb 2022 17:42 - di Leo Malaspina

Il gup di Brescia Federica Brugnara ha rinviato a giudizio l’ex componente del Csm Piercamillo Davigo accusato di rivelazione del segreto d’ufficio per aver divulgato i verbali di Piero Amara, ex avvocato esterno di Eni, sulla presunta loggia Ungheria. La decisione è arrivata dopo tre udienze preliminari, un’ora di camera di consiglio ed esattamente 30 anni dopo l’arresto di Mario Chiesa che aprì la stagione di Mani Pulite e del pool di magistrati di cui Davigo era tra i volti più noti. L’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo è indagato a Brescia – insieme al pm Paolo Storari che ha chiesto il rito abbreviato – per rivelazione de segreto di ufficio per aver riferito dei verbali segreti sulla loggia Ungheria il vicepresidente del Csm David Ermini affinché ne informasse il Presidente della Repubblica.

Da Mani Pulite al processo, per Piercamillo Davigo

In aula non era presente l’ex magistrato, considerato tra i più duri e “giacobini” di quella stagione di inchieste su Tangentopoli, impegnato a Pisa per un convegno su Tangentopoli, assente anche il difensore di fiducia Francesco Borasi. La prima udienza del processo è fissata per il prossimo 20 aprile davanti alla prima sezione penale.

“Davigo si difenderà fortemente”, dice all’Adnkronos Francesco Borasi, difensore di Piercamillo Davigo, dopo la decisione del gup di Brescia. “Ho evidenziato le contraddizioni del capo di imputazione, ho ribadito che Davigo ha agito nel pieno rispetto della legge e per questo ho chiesto il non luogo a procedere”.

Da quei cinque interrogatori resi da Amara a Storari, tra il 6 dicembre 2019 e l’11 gennaio 2020, nasce nella procura di Milano un contrasto poi deflagrato e su cui ora il Csm sta cercando di mettere ordine. Non solo. La frattura ha portato il consigliere del Csm Sebastiano Ardita a costituirsi parte civile contro i due imputati sostenendo come le loro azioni, in particolare le condotte compiute da Davigo, non solo sarebbero state commesse con ‘dolo’, “ma addirittura con il precipuo fine di screditare il ruolo istituzionale di consigliere del Csm rivestito da Ardita e la sua immagine personale e professionale”. Oltre a una condanna, Storari rischia un procedimento disciplinare: il Csm deve decidere se mandarlo via da Milano per incompatibilità ambientale per aver violato il vincolo di riservatezza.

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