Storia di Argo, un romanzo racconta l’esodo di una famiglia dall’Istria occupata dalle truppe slave
Domani l’Italia celebra la Giornata nazionale del ricordo delle vittime delle Foibe e dell’esodo delle popolazioni Giuliane e Dalmate. Con il romanzo autobiografico Storia di Argo la studiosa di letteratura classica Maria Grazia Ciani ripercorre il doloroso abbandono della sua terra al termine della Seconda guerra mondiale.
Nel febbraio del 1947, dopo la ratifica del trattato di pace, l’Istria e la Dalmazia vennero definitivamente cedute alla Jugoslavia e trecentocinquantamila italiani si trasformano in esuli.
Non c’era spazio più per gli italiani d’Istria e Dalmazia nelle loro terre natie, e l’esodo era l’unica alternativa alla pulizia etnica.
In quelle terre martoriate era già stato compiuto il massacro nelle foibe, le cui vittime sono state circa quattro-cinquemila. Una strage di cui si resero responsabili le unità di partigiani titini e dell’esercito di liberazione jugoslavo, avvenuto tra il 1943 e il 1945 in un crescendo di indicibili violenze.
Molte famiglie italiane avevano già preso la via dell’esodo. Come quella della scrittrice che nel 1945 aveva raggiunto Venezia.
Il racconto di Maria Grazia Ciani è essenzialmente la descrizione del paese dell’Istria dove è nata e della casa in cui è vissuta e che definisce «la radice della sua vita».
Un luogo e una casa abbandonati troppo presto, e dei quali la scrittrice ha un ricordo fatto soprattutto di flash, di sensazioni, di odori.
A simboleggiare il trauma dell’esilio forzato c’è lo straziante momento della separazione dal suo cane, un pastore tedesco di nome York, cui la protagonista era legata da un effetto profondo, ma che al momento dell’esodo aveva dovuto lasciare.
La traduttrice dell’Iliade e dell’Odissea, pensando al suo York, rimasto solo a guardia della casa ormai vuota e presto occupata da gente sconosciuta, non poteva che riandare con la mente alla storia di Argo. Il cane di Ulisse che non voleva morire senza prima poter gioire del ritorno del suo padrone.
Con poche ma significative frasi Maria Grazia Ciani descrive l’arrivo degli occupanti slavi che segnerà il destino degli italiani di Istria e Dalmazia: «Fu, da principio, un’invasione silenziosa. Cauta e sfrontata nello stesso tempo, poche parole e molti, lunghi sguardi obliqui. Fu come una marea muta e strisciante, e poi una palude nera e poi una distesa di sabbie mobili. Il rischio era a ogni passo e tutto veniva inghiottito senza rumore».
Durante tutta la sua vita, la scrittrice non ha mai dimenticato la sua terra. Soltanto dopo molti lustri ha trovato la forza di tornarvi. Tuttavia trovare la sua casa e gli altri luoghi del paese quasi intatti, ma immersi in un contesto estraneo, non fa che riaccendere il dolore.
«Tutto era contaminato – scrive –, corrotto, irriconoscibile. Nessuno con cui parlare. Ma io non voglio parlare, non voglio sapere. Alla casa non mi avvicino neppure. Non voglio vedere». Maria Grazia Ciani, come tanti italiani d’Istria e Dalmazia, non ha «mai dimenticato e mai perdonato».