La gaffe di Conte scatena sospetti e rabbia, nel Pd iniziano ad averne le tasche piene

8 Dic 2021 12:42 - di Désirée Ragazzi
Conte

La battuta di Mauro Corona a Cartabianca ha colto nel segno: «La rinuncia di Conte a candidarsi alle suppletive? Aveva paura di perdere e ha detto che l’uva non è buona». Il problema è che le parole del leader (a metà) pentastellato per “giustificare” la rinuncia hanno creato sconcerto. Un imbarazzo generale, vissuto sia dai grillini che dai dem. Silenzi, sguardi nel vuoto, rabbia, polemiche a porte chiuse. In una parola, l’inferno. Il malumore serpeggia, «così non si può andare avanti». Per alcuni il no di Conte sarebbe stato innescato «dalla paura di Calenda», il rischio di perdere sarebbe stato troppo alto. Mentre per i suoi più forti sostenitori le ragioni sarebbero altre: «Nel M5S l’idea non piaceva a tanti».

L’irritazione del Pd

Ma quello che ha creato maggior mal di pancia tra i dem è la frase che ha pronunciato («un leader che sta realizzando questo progetto ha l’ambizione di presentarsi alle elezioni politiche con un programma complesso. Vorrei entrare dalla porta principale»). Ed è su quel “vorrei entrare dalla porta principale” che si è scatenata la bufera. Come racconta in un retroscena il Corriere della Sera sono due i motivi che hanno lasciato senza parole i vertici del Pd. «La prima è che il segretario Enrico Letta è appena tornato alla Camera dopo un’elezione suppletiva a Siena; seguendo il ragionamento di Conte, dunque, da una “porta di servizio”. Prima gaffe, che l’alleato del Pd ha tentato di ridimensionare parlando di “situazione diversa” per Letta. Il secondo effetto del “no” è che alimenta i sospetti di chi vede in Conte un tifoso del voto nel 2022: prospettiva vista come il demonio dai suoi Cinquestelle, pronti a tutto per evitare questo epilogo». In ogni caso, il caos è servito. E le parole di Conte non fanno altro che rendere agli occhi del Pd i Cinquestelle sempre meno affidabili e credibili.

Conte: «Così voglio entrare in Parlamento»

E a nulla valgono le sue giustificazioni. In un’intervista al Corriere Conte spiega: «Voglio entrare in Parlamento con un programma di governo nato dal basso e frutto del dialogo con i territori, dopo una campagna elettorale ampia e diffusa». L’ex premier ritiene che questa decisione «darà più forza anche al Movimento rispetto alla disponibilità ad accomodarsi su un seggio frutto di una elezione suppletiva, condotta nella distrazione generale che accompagna le festività natalizie». Ma le sue parole continuano ad irritare il Pd.

Bettini: «Letta ha fatto un atto intelligente»

Cerca di metterci una pezza Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd. «Letta ha avuto la cortesia e l’attenzione di informarmi circa la possibile candidatura di Conte alle elezioni suppletive per il collegio di Roma centro», dice intervenendo a SkyTg24. «Letta ha fatto un atto intelligente e di generosità perché il M5S in varie occasioni, come a Bologna, ha aiutato il nostro candidato senza avere controparte, a Siena ha aiutato Letta; c’era una volontà del nostro segretario di rinsaldare un rapporto che considera importante per la prospettiva politica unitaria del Pd. Conte aveva più volte sottolineato la sua perplessità, naturalmente quando la proposta è stata avanzata da Letta ha avuto un supplemento di riflessione ma poi ha confermato il suo diniego».

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