Bologna, ripulito il nastro che dovrebbe incastrare Bellini. Cosa disse davvero l’ex avanguardista sulla strage

23 Dic 2021 18:50 - di Massimiliano Mazzanti
Come spesso è accaduto negli ultimi quattro anni, durante i dibattimenti dei nuovi processi per la Strage di Bologna, gli indizi più eclatanti annunciati dai rappresentanti dell’accusa crollano miseramente in aula, proprio quando, nel libero confronto tra le parti, avrebbero dovuto trasformarsi in “prove schiaccianti” a carico degli imputati (ieri Gilberto Cavallini, adesso Paolo Bellini).
Lo conferma quanto accaduto ieri a Bologna, dove era in discussione la famosa intercettazione ambientale a carico di Carlo Maria Maggi, esponente di Ordine Nuovo in Veneto, raccolta nel 1996, in cui, a un certo punto, tra i rumori di sottofondo e l’audio di un televisore acceso, si è sempre sostenuto come questi avrebbe confessato al figlio: “Erano in contatto con il padre di ‘sto aviere e dicono che portava una bomba”. Ovviamente, Maggi col figlio stava parlando – secondo l’accusa – dei responsabili dell’attentato alla stazione del 2 agosto 1980.
La tesi di questa ammissione da parte dell’ordinovista era ed è sostenuta anche dalla Procura generale del capoluogo emiliano, l’ufficio che sta processando Bellini, convinta come “l’aviere” a cui si sarebbe riferito Maggi altri non avrebbe potuto essere, appunto, che Bellini, pilota di aeroplani. 
Per avere certezza di ciò, Procura e Tribunale, in previsione del nuovo processo, hanno chiesto aiuto al Gabinetto di Polizia Scientifica di Roma, attualmente il più attrezzato a “lavorare” questo genere di materiali, al fine di “ripulire” nastri vecchi e nuovi da interferenze e rumori di sottofondo, per far ascoltare ai giudici e alle parti interessate in un processo le parole esatte che sono state registrate durante un’attività d’indagine.
Dunque, ieri mattina, gli esperti della Scientifica della Capitale sono andati al banco dei testimoni e, dopo aver spiegato con dovizia di particolari con quali tecniche nuove e con quanta perizia avessero soddisfatto la richiesta dei magistrati bolognesi, hanno fatto ascoltare a tutti prima la versione “originale”, in cui, tra molta confusione, effettivamente si può intendere qualcosa di simile a: “Erano in contatto con il padre di ‘sto aviere e dicono che portava una bomba”; poi, però, hanno mandato in onda la registrazione “pulita”, in cui si sente distintamente Carlo Maria Maggi dire: “lo sbaglio di un corriere … che portava la bomba”. Altro che ammissione delle responsabilità dei “neri”, Maggi parlò, per altro già nel ’96, quando la tesi dell’esplosione accidentale non era neanche tanto diffusa, di un tragico incidente!
Lo sconcerto evidente dei rappresentanti della Procura e delle Parti civili, però, è durato poco, dal momento che i magistrati dell’accusa, a dispetto dell’evidenza, hanno immediatamente ripiegato sulle tesi del loro precedente perito, secondo il quale la Polizia scientifica avrebbe mal operato, in questo caso. Una reazione del tutto simile, se si vuole, a quella a cui si assistette all’indomani delle risultanze della perizia sui resti di Maria Fresu, quando la prova del Dna lanciò sul “processo Cavallini” la “bomba” di una 86esima vittima: la perizia smentisce l’accusa, la perizia non vale niente. Chiunque, però, a questo punto, può collegarsi al sito della Rai e all’edizione odierna del GR3 dell’Emilia Romagna, in cui si possono ascoltare le due registrazioni che, francamente, non lasciano adito a nessun dubbio. Carlo Maria Maggi, questa è l’unica conclusione possibile, non confessò mai niente di inconfessabile a suo figlio.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *