In Europa comandano burocrati che ci vietano di dire “Natale” e “signora”. E noi li paghiamo a peso d’oro

30 Nov 2021 12:19 - di Lorenzo Peluso

Riceviamo e volentieri pubblichiamo dal giornalista Lorenzo Peluso.

Hanno sconfessato l’Europa dei popoli. Non è accettabile. Partiamo da questo. Un pacchiano errore di valutazione sulle implicazioni sociologiche e culturali che scaturiranno dall’applicazione (non sarà mai applicato) di un regolamento vergato da burocrati che ignorano la bellezza culturale delle radici del disomogeneo popolo europeo. Possiamo definirlo così, consapevoli di non suscitare nessuno scandalo, considerando l’inopportunità delle nuove linee guida emanate dalla Commissione europea dal titolo “Union of Equality”. Linee guida che contengono diversi capitoli in cui il trattamento egualitario della persona, secondo l’esecutivo Ue, va preso in considerazione.

La misteriosa utilità del decalogo Ue

Nel decalogo della Commissione ci sono alcune raccomandazioni da usare sempre. La prima domanda è: perché l’esigenza di queste linea guida ? Domanda alla quale segue un altro quesito: davvero l’Unione Europea avverte l’esigenza di normare il comportamento dei cittadini del vecchio continente al punto di riaffermare che: “Ogni persona nell’Unione europea ha il diritto di essere trattato in maniera eguale” senza riferimenti di “genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale”. Una precisazione che per certi versi sconfessa addirittura la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), in Italia anche nota come Carta di Nizza, solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo da Parlamento, Consiglio e Commissione. Nel preambolo infatti recita: “I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. Non basta tutto questo? Non è abbastanza chiaro?

L’Europa e l’ipocrisia sul Natale

Ma soprattutto cosa si vuole alienare con questo nuovo documento? Intanto la precisazione che nel nostro modo di comunicare devono sparire “miss o mrs” (signorine e signore) sostituite da un più generico “ms”. Ma poi soprattutto, e questo è davvero incomprensibile, anche le festività non dovranno più essere riferite a connotazioni religiose, come il Natale, ma citate in maniera generica: si dovrà dire, ad esempio, le “festività sono stressanti” e non più “il Natale è stressante” precisa il documento “Union of Equality”. Le linee guida contengono diversi capitoli in cui il trattamento egualitario della persona, secondo l’esecutivo Ue, va preso in considerazione. Nel decalogo della Commissione ci sono alcune raccomandazioni da usare sempre: “Non usare nomi o pronomi che siano legati al genere del soggetto; mantenere un equilibrio tra generi nell’organizzazione di ogni panel; se si utilizza un contenuto audiovisivo o testimonianze, assicurarsi la diversità sia rappresentata in ogni suo aspetto; non rivolgersi alla platea con le parole “ladies” o “gentleman”, ma utilizzare un generico “dear colleagues”; quando si parla di transessuali identificarli secondo la loro indicazione; non usare la parola “the elderly” (gli anziani) ma “older people” (la popolazione più adulta); parlare di persone con disabilità con riferimento prioritario alla persona (ad esempio al posto di “Mario Rossi è disabile” va utilizzato “Mario Rossi ha una disabilità”‘).

Vietato anche accennare a Maria…

Nelle linee guida ci sono anche riferimenti ad una “corretta” comunicazione in merito alle religioni. Ad esempio nel testo si consiglia, in qualsiasi contenuto comunicativo, di “non usare nomi propri tipici di una specifica religione”. In merito alle festività la Commissione chiede di “evitare di dare per scontato che tutti siano cristiani”. Vien da chiedersi chi lo ha mai dato per scontato ! Addirittura il documento si spinge anche non usare come esempio nomi cristiani o che siano tipici di una religione. Invece di “Maria e John” è preferibile “Malika e Julio “. Tra gli altri suggerimenti, “non usare mai nomi di genere come “operai, poliziotto o pronomi maschili come un valore predefinito”; “quando si utilizza una varietà di immagini, testimonianze e storie, assicurarsi che riflettano la diversità in tutti i suoi sensi”; quando si chiedono informazioni sul genere, non offrire solo opzioni maschio/femmina, aggiungere “altro” e “preferisco non rivelare”; e non usare stereotipi su sesso, età, etnia. Incredibile, ma vero. Tutto questo è vero. Paghiamo burocrati che siedono comodamente a Bruxelles per pensare, riflette e scrivere di questo.

A questo punto credo sia scontato comprendere il perché di un fiorente spirito nazionalistico che si diffonde quotidianamente e sempre più in molte realtà continentali. La cosa più incredibile, che davvero non si riesce ad accettare è l’approccio che questi signori hanno verso la risoluzione di problemi, che certo nessuno nega, di diversità sociale e culturale nella popolazione europea. L’integrazione, il superamento delle differenze di genere, di religione e di culture, si immagina di superale attraverso la cancellazione del linguaggio, la negazione dell’appartenenza. Saranno tempi duri per l’Europa che si allontana sempre più da quell’Europa dei popoli che ispirarono Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schuman e Jean Monnet.

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