Al Teatro Tram lo specchio feroce della società nel duello di inciuci di due “signore” molto perbene

8 Nov 2021 13:44 - di Luca Maurelli

Le chiacchiere da bar, quando a farle sono due donne della borghesia illuminata e colta, toccano punte di retorica, ignoranza, banalità e becerume che neanche uno spogliatoio maschile di calcetto (anzi, ultimamente di padel…) riuscirebbe a produrre. Vaccini, politica, donne troie, uomini stronzi, scopate facili, soldi scroccati: la giornalista Ester Mattone, raffinatissima critica cinematografica assunta dal padre direttore, e Dorella De Sebo, docente universitaria entrata nel mondo accademico grazie a un prof Gallo, più mandrillo che pennuto, sono lo spaccato perfetto di una società “meritocratica” che si compiace delle scorciatoie, dei mezzucci, delle mediocrità umane perché le riconosce negli altri e se ne indigna. Nel testo di Roberto Del Gaudio, nei giorni scorsi al Teatro Tram di Napoli,Le Signore“, c’è l’universo femminile delle “perete” napoletane, ma che riconosceresti tranquillamente anche in un baretto dei Parioli, c’è lo snobismo tamarro o burino delle annoiate a vita, il pregiudizio sociale di ricchi e arricchiti, i bluff della sinistra e i luoghi comuni della destra, in un cocktail surreale di dialoghi serrati nei quali lo spettatore si riconosce, con disappunto.

“Le signore” di Roberto Del Gaudio al Teatro Tram

Le “signore” di Del Gaudio siamo noi, maschi e femmine che sproloquiamo senza sapere, che giudichiamo senza conoscere, che ci indigniamo senza potercelo permettere, come quelle due donne che ridono depresse in un bar del centro, in attesa di un cameriere che non arriverà mai, come la loro occasione, da punire non pagando il conto, nel segno di quella rivalsa sociale che amiamo consumare in silenzio con piccoli gesti un po’ vigliacchi e la ricerca della complicità.

Attenzione, però: in platea si sorride e si ride, specchiandosi nelle due esaurite interpretate dalle brave Margherita Romeo e Sarah Paone (nella foto con Roberto Del Gaudio), perfino quando si toccano temi delicati come l’aborto, declinati con la consueta faciloneria da donne vittime di se stesse, più che degli uomini, schiave delle medicine alternative, del dolorosissimo pilates, della voglia di stupirsi l’una con l’altra e ansiose di darsi ragione. C’è tra loro quel tratto tipico delle nostre relazioni sociali, l’intuizione del pensiero altrui per accodarsi e sentirsi protetti dal pensiero unico e semplice, sullo sfondo di un odio reciproco che nasce dal solo fatto di specchiarsi nell’altro e di riconoscersi tristi e inconsolabili. Perfino i Fiori di Bach, il rimedio omeopatico per tanti anni equiparato alla stregoneria al pari delle unghie di rospo, nell’esondazione dell’ansia eterna delle “signore” finiscono per ridare dignità alle tradizionale mazzate sedative dello Xanax.

Il Covid e l’era dell’artificiale elevato a realismo

La lettura della società “covidizzata” dal virus della banalità, funzionale alla scarsa conoscenza ostentata con orgoglio, è il canovaccio antropologico del sempre originale Roberto Del Gaudio, autore teatrale e animatore dello storico gruppo dei “Virtuosi di San Martino”, un piccolo genio dagli occhi spiritati che si aggira nel piccolo spazio dello storico teatro di Port’Alba con la curiosità di un bambino in cerca di sguardi di conferma, che a giudicare dagli applausi deve avere sicuramente percepito. Insieme al fumo di sigaretta, gradito ritorno neorealista su un palcoscenico teatrale, sul quale spesso e volentieri i registi ci propinano perfino odori e puzze artificiali per provare a raccontarci la realtà senza darci troppo fastidio.

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