La sinistra ha rovinato la scuola, Mastrocola: “La prova? Avere Bianchi come ministro”

25 Ott 2021 11:06 - di Adriana De Conto
sinistra Mastrocola

Sinistra bocciata, Paola Mastrocola seppellisce la scuola progressista: un disastro, una macchina della disuguaglianza. Mai come nel saggio dell’ insegnante, scritto con il marito sociologo, Luca Ricolfi, si trovano uno in fila all’altra smascherati tutti i fallimenti della formazione scolastica dai ministri Berlinguer in poi. L’eterogenei dei fini: la crociata contro la scuola «classista» e per il «diritto al successo formativo» hanno finito per penalizzare proprio i figli delle famiglie svantaggiate: è la tesi della Mastrocola  nel saggio “Il danno scolastico” (La nave di Teseo”). La scuola ha svalutato le discipline “normali”. “Una scuola “si offre” non per quanto si occupa di Dante, di grammatica, o di algebra. Si offre per il corso di educazione alimentare, la gita nelle Langhe, l’educazione alla cittadinanza La scuola ha abbandonato la sua sostanza culturale per diventare un’agenzia delle educazioni”.

Scuola, Mastrocola: la sinistra in 60 annio di fallimenti

Luca Ricolfi e Paola Mastrocola descrivono  60 anni di decadenza dell’istruzione in Italia. Lui sociologo e docentre universitario, lei ex docente di Liceo,  certamente al di sopra di ogni sospetta simpatia per il centrodestra, individuano due tappe cruciali del declino: la riforma della scuola media, nel 1963, e la riforma Berlinguer, nel 2000. Si guarda indietro la scrittrice che ha dedicato molti saggi e romanzi al mondo della scuola. «Fino al 1969, alla maturità si portavano tutte le materie degli ultimi tre anni di liceo. A un certo punto, non abbiamo più creduto che lo studio in dose così massiccia fosse utile. E oggi, che siamo una società tesa al piacere e al divertimento, lo studio è l’ultima cosa che cerchiamo. In fondo, a cosa serve conoscere le guerre puniche?».

Abolire il latino, uno scempio

Ancora un errore drammatico è stato quello di abolire il latino dalle medie e considerare il sapere direttamente proporzionale all’utilità nel mondo del lavoro. “L‘abolizione del latino alle medie, però, più che dall’utilitarismo, fu ispirata dal progressismo: come lamentava don Lorenzo Milani, che i due saggisti  criticano nel libro. Il latino umiliava i figli dei contadini, questp era il sentire comune .«Questo è il cardine del pensiero progressista. L’idea era che una scuola “alta”, che fa cose difficili, come il latino o la letteratura antica, implica uno studio duro, cui i figli dei contadini, che erano gli alunni di don Milani, non arrivavano. Quindi, era meglio parlar loro degli alberi da frutto», sintetizza Mastrocola nell’intervista a la Verità.

Mastrocola, gli errori da don Milani a Berliguer

«Lasciamo da parte don Milani. Dopo 60 anni, ci sono ancora classi deboli, ahimè. A questi ragazzi svantaggiati dobbiamo assolutamente garantire una scuola “alta”, perché loro non hanno altre risorse, come i ceti elevati». Da don Milani a Luigi Berlinguer. Il suo errore? «Aver introdotto il Piano per l’offerta formativa. Intanto, nel mondo della scuola è entrata la parola “offerta”, che vedevamo solo nei supermercati».

Mastrocola, la sinistra ha introdotto la logica del mercato a scuola

Un vulnus per la scrittrice, per la quale è da addebitare alla sinistra l’aver introdotto nell’istruzione la logica del mercato: «Anche se ciò viene sempre negato. È un demerito che viene attribuito alla riforma Gelmini», prosegue nell’intervista. Bordate pesanti alla Buona scuola introdotta da Renzi, con  l’alternanza scuola-lavoro, che ha mandato in tilt il mondo degli insegnanti. «Questo fa parte dell’idea per cui la scuola deve essere “utile”. E invece bisognerebbe rivendicare la sublime inutilità, immediata e non verificabile, dello studio».

Sinistra, Mastrocola: “Quando criticavo Berlinguer avevo tutti contro”

Lo dice e lo scrive da anni, Paola Mastrocola, che fa discorsi squisitamente improntati sulla qualità e la formazione di uno studio che negli anni ha perso entrambi. Ed era osteggiata dalla stessa sinistra. Quando da sinistra era una dell poche voci che criticava la riforma Berlinguer ne passò delle belle. «A scuola, entrando in sala insegnanti, trovavo sul tavolo, appiccicate con il nastro adesivo, le lettere dei colleghi contro di me. Allora non si poteva parlar male di quella riforma. Io non capivo: era evidente che stavamo andando verso il disastro, ma quasi tutti mi davano contro». lei ha seguito il buon senso e ha fatto sempre di testa sua: “Io, delle riforme, me ne sono sempre infischiata”, racconta. “La riforma Berlinguer – spiega- abolì il tema, sostituendolo con articoli e saggi brevi, basati su pagine e pagine di fotocopie. Io ho continuato imperterrita a dare temi liberi perché i miei ragazzi imparassero a scrivere:  la consideravo una priorità. E se lei vuole insegnare a qualcuno a scrivere, gli deve mettere un foglio bianco davanti. Fine».

“Io e Luca Ricolfi abbiamo scritto questo libro per disperazione”

Le viene da “piangere” – dice testualmente-  a leggere indicazioni come quelle del  ministro Patrizio Bianchi. Il numero uno di viale Trastevere  sostiene che si debba «andare oltre la lezione frontale»; per «sperimentare forme alternative di didattica laboratoriale, condivisa, esperienziale, emotiva». Ecco, chi ci capisce qualcosa in questa fumosità è bravo. ». «Tra tutti i ministri che potevamo avere, perché proprio un “invasato” di pedagogia?», si chiede. «I pedagogisti insegnano come s’ insegna. Ma noi abbiamo bisogno di potenziare l’oggetto dell’insegnamento, non il metodo. È come se lei volesse preparare una torta di mele e io continuassi a inviarle ricette. Dammi gli ingredienti, fammi fare questa torta!».

“Il ministro Bianchi è l’emblema di questo fallimento scolastico”

«Io e Luca abbiamo scritto questo libro per disperazione, ma anche per dovere: volevamo lasciare una testimonianza. Abbiamo raccontato 60 anni di scuola. Volutamente non abbiamo indicato una via, perché la via è stata già intrapresa: è la via europea, occidentale. È la via dello sfascio culturale». E la prova, dice la professoressa sta proprio in quelle frasi surreali del ministro dell’Istruzione che ci troviamo. «Le parole del ministro Bianchi, che lei ha citato, rappresentano esattamente il futuro che attende la scuola. Anzi. Hanno nominato Bianchi perché è un esponente di questa visione pedagogistica, europeista e politicamente corretta». Un pessimismo cosmico in panorame dove  la cancel culture«È già arrivata.  Possibile che un genitore, che si accorge che il figlio non sta imparando niente, non insorga?». Un augurio as cui sembra credere poco.

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